Sai che cosa è un Micro influencer? Non è una malattia, puoi esserlo anche tu (e forse già lo sei senza saperlo) ma una volta che lo sai (che lo sei), può diventare… un’attività simpatica.
Scopriamo come.
Micro influencer: che cosa sono? si mangiano?
Possiamo (e vogliamo) esserlo?
Secondo molte definizioni autorevoli (mediabuzz, gnack, businessinsider ecc.) i micro influencer sono persone regolarmente attive su blog e social media con non più di 10.000 follower.
In realtà il marketing si è accorto che anche con meno di 10mila follower si può essere influenti in modo interessante per molti tipo di aziende.
Voi direte: si tratta quindi persone sui social o blogger come tutti gli altri?
Non proprio o, meglio, non solo.
Sono sì persone come le altre, ma in grado di far interessare una cerchia di persone (per quanto ristretta) a prodotti, contenuti, stili di vita.
Un po’ per un particolare fascino persuasivo, un po’ perché vogliono diventare influencer di livello e stanno studiando e avendo i primi risultati, un po’ perché conoscono o hanno l’insita arte dello storytelling (anche e sopratutto visual story telling), queste persone riescono ad influenzare una cerchia piccola ma fedele di persone nelle scelte di vita o di consumo.
Quest’influenza spazia dal consumo di prodotti di abbigliamento o cosmesi alla scelta di stili alimentari o anche scelte etiche di vario tipo e persino stili di vita legati ad una professione (basti pensare a blogger che “ispirano” altre blogger a fare le blogger).
Ho letto alcuni post che definiscono come “micro influencer” anche le persone che, semplicemente, acquistano un prodotto e lo condividono sulla propria bacheca Facebook suscitando l’attenzione di amici e parenti che hanno stima per i loro gusti e per le loro opinioni.Il motivo per cui questo tipo di persone si è guadagnato un nome (micro influencer, appunto) con definizioni più o meno accurate e variabili da parte di agenzie e studi di marketing, è lo stesso che giustifica tutte le moderne definizioni: marketing!
Infatti i micro influencer sono sotto l’attenzione di molte medie imprese che non possono (per motivi economici o di autorevolezza) o non vogliono (per i motivi che diremo a breve) rivolgersi a “influencer (senza micro)” per proporre articoli, backlink ai propri siti web, prodotti.
Un influencer, cioè un blogger o instagrammer con più di 20.000 follower attivi, hanno in genere tariffe elevate per promuovere o anche solo citare un prodotto.
Ma non è solo questo ciò che porta un’azienda a cercare un micro influencer. Ci sono infatti dei vantaggi che un micro influencer ha al cospetto di una web celebrity. In primis….
1. Audience più diretta.
Ci sono prodotti ormai famosi che “si vendono da sé”, per cui i brand necessitano di affermare la propria autorità più che cercare strategie di vendita. Questi sono in genere i brand che si rivolgono a grandi o medi influencer.
Ma ultimamente molte aziende più piccole, che si basano sugli e-commerce, hanno compreso che appoggiarsi a persone attive e credibili sul web è anche un modo per aumentare traffico e vendite. Per queste aziende, i cui prodotti non si vendono ancora da soli ma necessitano di continue spinte, i micro influencer sono più convenienti di grandi influencer.
Perché?
Diciamo che il motivo è lo stesso per cui aziende come Avon (quello dei cosmetici) ha fondato non un impero ma un piccolo regno grazie alle giovani ragazze che vendevano cosmetici ad amiche, parenti, amiche della mamma e della zia trattenendo una percentuale.
Per tornare ai social, se una ragazza ha l’abitudine di mostrare le sue nuove scarpe su instagram e tra i suoi follower ci sono 5-6 amiche/conoscenti fisse che commentano questi prodotti, è probabile che almeno 2 acquisteranno le scarpe.
Non è un numero irrisorio se si considera che instagram ha 500 milioni di utenti, di cui 300 milioni attivi quotidianamente e la maggior parte sono ben al di sotto dei 50.000 follower.
Poi c’è un altro importante aspetto quando si parla di creazione di contenuti e di storytelling (visual o scritto), cioè la nicchia.
Less is more, quando si parla di “nicchia”
Blogger e instagrammer più o meno navigati sanno già di che cosa sto parlando: una nicchia è un argomento del proprio storytelling che può interessare un numero ristretto di persone.
Ad esempio, scrivere/occuparsi di viaggi è un macro argomento.
I viaggi da sola, viaggi di travel blogger, viaggi vegani o vegetariani sono delle micro aree che si rivolge ad una nicchia di persone.
Anche in questo caso, less is more (mamma, less is more vuol dire “il meno è un di più”).
In pratica, se invece di essere seguita da 20.000 persone cui interessa di tutto e di più e che non ti seguono per una ragione specifica, ti seguono solo 5.000 persone interessate al tuo micro argomento, per una piccola o media azienda tu puoi essere più interessante di un grande influencer.
Esempio 1. Grandi influencer
Gli oltre 7 milioni di follower di Chiara Ferragni (che, per la cronaca, è tra le fashion blogger più seguite al mondo), la seguono per vari motivi, tra cui:
– si interessano di moda
– la trovano bella da vedere
– sono fan di Fedez (pare sia un fenomeno possibile, oltre che diffuso) che è il suo compagno
– la trovano un modello da imitare
– la odiano e non perdono occasione per insultarla
Se un brand vuole pagare Ferragni per indossare un capo, deve sborsare tanti ma proprio tanti soldi, con il rischio che il 90% della sua utenza neanche faccia caso all’abito.
Esempio 2. Medio influencer
Travel In her Shoes è il nome dei canali social di Aggie Lal, travel-instagrammer da circa 60.000 follower. Chi la segue probabilmente lo fa per
– amore per i viaggi
-interesse e spunto per belle foto (perché le sue foto sono davvero belle)
– interesse per gli hotel di lusso
– perché è molto carina
– per trarre esempio e diventare come lei.
Se un brand le chiede di sponsorizzare un hotel, deve darle il giusto compenso – inferiore a quello di Ferragni ma comunque presumibilmente interessante e poco trattabile -, e comunque deve tener conto del fatto che solo una piccola parte di quei 60.000 follower sono interessati agli hotel di lusso e il tasso di conversione (cioè delle persone che dal tuo sito web passano all’acquisto di un bene) sarà medio basso.
Inoltre se qualcuno le manda un messaggio con ulteriore richiesta di info, lei difficilmente potrà rispondere.
Quindi: meglio che si rivolgano a questo tipo di influencer i brand di fascia alta come Armani e Hilton perché hanno più bisogno di continua affermazione della propria “supremazia” e “stile” sul mercato che di vendere attraverso un blogger/instagrammer.
Esempio 3. Micro influencer
Prendiamo una travel blogger che ha tra i 5.000 e i 7.000 follower.
Al momento è molto probabile che queste persone la seguano perché
– interessati a quello che scrive
– interessati ai suoi consigli
– sono suoi amici, conoscenti e parenti stretti (almeno il40% del totale dei follower)
Se questa blogger/instagrammer dice di aver acquistato la migliore tipologia di borsa o zaino da viaggio, questo zaino sarà visto da un’utenza
– che per il 60-70% è interessata al viaggio
– che è composta da almeno 1500 persone che conoscono la blogger e sanno di “potersi fidare”
– di cui il 2% andrà a visualizzare il sito delle borse e ne acquisterà una.
Quel 2% può fare la differenza negli introiti annuali per una start-up o per una piccola azienda manifatturiera.
Facciamo i conti in tasca all’azienda di borse:
Poniamo caso che l’azienda di borse di cui sopra decida di rivolgersi a 10 micro influencer nel corso dell’anno affinché promuovano il prodotto di punta.
Per alcune basterà regalare il prodotto, per altre servirà una remunerazione monetaria (diciamo tra i 50 e i 200 euro)
Diciamo che il prodotto da promuovere è una borsa da 50 euro.
E ipotizziamo che un più che plausibile 1% dei 7.000 follower dei 10 micro influencer passi all’acquisto.
In tal caso, l’azienda di borse ne trarrà in un anno un ricavo che oscilla tra i 25.000 e i 34.000 euro (guadagno dalle vendite dell’1% dei follower di ogni micro influencer meno il compenso approssimativo per gli stessi).
[non avete idea di quanto mi costi lo sforzo mentale di fare i calcoli, quindi se non vi fidate rifatelo voi].
Come diventare micro influencer con il tuo blog?
Se sei arrivata fin qui, o sei un’azienda o sei una futura (o inconsapevolmente presente) micro influencer.
Come si diventa micro influencer?
Punto primo: è probabile che tu già lo sia, avendo fatto inconsapevolmente vendere a qualche azienda un rossetto, un paio di scarpe o avendo convinto più di qualcuno ad andare in vacanza a Sofia (leggi ad esempio non solo questo post ma anche tutti i commenti) .
Di per sé è una bella notizia, se non fosse per il fatto che quella inconsapevolezza della tue potenzialità rende la faccenda un po’ più cupa.
Un percorso molto utile sia in termini di esercizio alla consapevolezza che di apprendimento di rudimenti di marketing, personal branding, linguaggio persuasivo è quello di Scuola Italiana Influencer.
Si tratta di un percorso (personalizzato) che insegna anche le parti più tecniche, come la creazione di un buon piano editoriale e ti aiuta a decifrare quale è davvero la tua nicchia.
Io collaboro con questa realtà da un po’ e seguo parte della formazione sul blogging e il motivo per cui, pur non essendo influencer ma blogger pura, lo consiglio, è la presenza, in questo piano di formazione, di contenuti molto pratici sul versante del marketing ma anche molto utili a farti capire il tuo reale potenziale.
Una volta presa coscienza del tuo potenziale, devi essere costante nel creare contenuti adatti ad interessare la nicchia verso la quale ti senti più propensa.
Ma vogliamo davvero essere influencer, che sia micro o macro?
Mettiamola così: ad un certo punto, se le cose ti vanno bene e fai bene il lavoro, alcune aziende inizieranno a contattarti. Poi deciderai tu se e in che misura accettare le loro proposte o farne di tue.
Il mercato non è un posto così brutto, se mantieni la tua etica e identità (che sono i due elementi che ti hanno portata dove sei ora, non lo scordare mai).
Prima di decidere del proprio destino e del proprio lavoro è sempre meglio capire esattamente che cosa sta accadendo, al fine di decodificare fatti e fare una scelta ponderata.
Spero che questo post ti sia stato in qualche modo di aiuto per capire che cosa sta accadendo, perché le aziende iniziano a contattarti o, se ancora non accade, che ti abbia preparato per quando accadrà.
Perché se lavori duro, ma con costanza e ottimismo, stai certa che accadrà.
12 Comments
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Michela
Idem come Marika! I tuoi post mi fanno sempre riflettere su qualcosa… grazie! Posso chiederti se hai già scritto qualche post sullo storytelling? (Mi sembra di no o mi è sfuggito…) O se c’è la possibilità che tu lo faccia in futuro? Mi interessa molto il tuo punto di vista!
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Marika
Scoperta da poco ma sei diventata una droga 🙂 questo post in particolare è davvero ben fatto e mi ha aiutata a fare un po’ di chiarezza. Grazie
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Flavia
Sto divorando pezzo per pezzo il tuo blog. È una specie di epifania mista alla delizia che si prova quando si mangia una cassata siciliana.
Un abbraccio,
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Eugenia
Bellissimo post, Sabrina! Sei la mia ispirazione! Adoro leggere i tuoi post sopratutto in italiano ( lo sai io amo questa lingua meravigliosa ) Sono d’accordo è meglio avere i pochi follower ma attivi, che leggono davvero il contenuto e scrivono i suoi opinioni!
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The Lazy Trotter
Cara mia, sei una bomba. Questo post si aggiunge alla mia bibbia digitale by sabrinabarbante.
E comunque credo che la risposta sia si, alcune blogger si mangiano 🙂
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