In così tanti anni di attività come travel blogger, soprattutto avendo portato una fetta del mio stoytelling sui social, ne ho di cose da farmi perdonare.
Dall’aver contribuito a portare, con dei semplici articoli, tantissima gente in luoghi che non erano pronti, all’aver sdoganato, tra i primi, la così detta “estetica travel” che poi sarebbe esplosa sui social, trasformando per sempre il mondo del turismo di massa, nessuno di noi è esente da responsabilità.
Da professionista del settore mi sento di dire anche che, una responsabilità da prenderci, è anche e soprattutto osservare il mondo che cambia, nella fattispecie il mondo dei viaggi e la pratica del place storytelling.
Ci sono codici narrativi diventati mainstream che forse, alla luce dei tempi che corrono, è il caso di riedere e ridimensionare.
Ecco dunque un elenco di frasi che noi travel blogger e, a ruota, travel content creator attivi sulle varie piattaforme di social e aggregatori, dovremmo smettere di usare.
Fare cose "Like a local"

Nessuno di noi, se sta in un luogo per meno di un anno (come base minima) può avere la presunzione di vivere un posto come una persona del luogo (like a local, appunto).
Mettiamoci in testa che per fare le cose “like a local” devi entrare nei dibattiti culturali dei local, nelle loro quotidiane battaglie, diverse da luogo a luogo, nei loro traguardi comunitari.
Scimmiottare azioni e attività, andare in luoghi e locali frequentati dai locals per poterci raccontare di aver conosciuto la vera essenza di un territorio è appropriazione culturale, masturbazione intellettuale, una forma di colonialismo turistico.
Per non parlare dell’impatto che rischiamo di avere sul territorio e sui suoi costi.
Potrei suggerirti di andare a Belgrado e fare una partita a scacchi con le persone che ogni pomeriggio si siedono a Kalemegdan, ma non potrai mai farlo con l’intenzionalità di incontro generazionale di chi vive i parchi di Belgrado. Non potrai entrare in quei dibattiti di chi, pur avendo vissuto nello stesso ventennio, ha vissuto epoche storiche del tutto diverse.
Puoi in compenso osservare, restare spettatore delle loro vite, senza voler essere sempre protagonista di tutto. Puoi parlare con le persone e chiedere il perché delle cose, ché in fondo capire è anche meglio che vivere, a volte.
"Siamo viaggiatori e non turisti" (in realtà non è vero)
Facciamocene una ragione. La differenza tra turista e viaggiatore ce la siamo inventata noi, in realtà si tratta di sinonimi con sfumature minime.
Per quanto possiamo viaggiare con le intenzioni e obiettivi più nobili e cercare di ridurre il nostro impatto, l’impatto sulle vite degli altri lo abbiamo lo stesso, quando viaggiamo.
Portiamo le nostre esigenze, il nostro potere di acquisto, il nostro stile di vita cui, per forza di cose, una comunità che accoglie dovrà rispondere.
Ne trarrà di certo dei benefici, come del resto noi, ma il perimetro nel quale ci muoviamo è sempre quello turistico, quindi pensiamoci bene prima di distinguere un ipotetico me/noi viaggiatori dagli altri/loro turisti.

Le cose imperdibili a [luogo a caso]

Questa è proprio una cosa da travel blogger che ha poi trovato la sua deriva peggiore dei video super veloci sui social.
Nessun posto ha luoghi imperdibili, nessuno!
Quello che non mi perderei mai io, per nulla al mondo, è trascurabilissimo per te, ed è giusto così.
Ogni viaggio passa sempre e per forza di cose attraverso i nostri paesaggi interiori, quello che cerchiamo in un viaggio andrebbe analizzato da uno psicologo (e, per la cronaca, io me ne sono accorta proprio quando la mia psicologa mi ha chiesto “perché vedere questo luogo è per te così importante?”; e lì si è aperto un mondo.)
Guida definitiva di...
DEFINITIVA? Ma davvero?
Prova ad andare oggi in città come Tirana o Poznan, e tornaci tra due anni, e poi riparliamo di cosa è definitivo!
I luoghi sono in costante evoluzione, il luogo che vivi oggi potrebbe non essere, nel bene e nel male, lo stesso tra qualche tempo e nei nostri contenuti travel faremmo bene a ricordarlo ai nostri lettori.
Le nostre guide non sono definitive, sono parziali e soggettive.
Tutt’al più, chiediamo ai nostri lettori che visitano un posto dopo di noi di darci feedback, di commentare descrivendo le cose diverse che hanno visto. Facciamo che i nostri articoli di viaggio smettano di essere cattedratiche guide definitive e diventino racconti comunitari di comunità che si evolvono.

Istruzioni per viaggiare low cost
Molti millennial ricordano cosa significava davvero viaggiare Low cost, cosa che avveniva realmente nei primi anni Duemila, quando i voli costavano davvero al di sotto della soglia di sostenibilità delle compagnie aeree e in molte città d’Europa un alloggio aveva costi incredibilmente bassi.
Oggi non è più così, ed è forse il giusto contraltare per noi che abbiamo usufruito di quei costi così bassi senza porci mai, realmente, le giuste domande.
Oggi i viaggi sono tornati ad avere un costo alto, e fare un viaggio all’estero al mese non è più realmente nel paniere della classe media (o quel che ne resta).
Iniziamo ad istruire i nostri lettori che i viaggi hanno un costo anche perché hanno un impatto. E rincuoriamo i nostri lettori e lettrici che è normale NON poter fare più di 1-2 viaggi all’anno.
NB: in compenso, facciamo capire a tutti che se i costi nei luoghi salgono non è colpa dei turisti ma di chi, sul territorio, specula. E anche delle amministrazioni che, figlie dell’illusione capitalista che il mercato si regola da solo, non fanno nulla per fermare la speculazione.
Il viaggio apre la mente
Ma davvero crediamo che prendere un aereo, andare in un posto, vedere un luogo e fare molte foto basti ad aprire la mente?
Dovremmo essere un mondo di menti aperte-quasi-spalancate, e invece non direi proprio che le cose stanno così, nonostante mai come oggi le persone in Europa, USA, Canada, Australia, Cina, India hanno un potenziale di mobilità turistica mai visto nella storia umana.
Se siamo degli osservatori, dobbiamo osservare anche che l’apertura mentale non ha niente a che fare con le bandierine che mettiamo nel nostro bagaglio di destinazioni.
Anzi, la nostra apertura mentale reale si determina proprio quando togliamo tutto, cose viste, libri letti, lauree, studi fatti, premi vinti:
quando togli tutto, che resta di te e della tua capacità di metterti in discussione?
Accettiamo una cosa: per il 90% del nostro pubblico, un viaggio è puro spostamento. E sono al massimo le nostre riflessioni e approfondimenti, più che i nostri itinerari imperdibili, a poter far scendere la percentuale almeno all’80%.
Place storyteller, travel blogger, travel creator… quali frasi a vostro avviso non dovremmo più usare?
Se non sei un travel creator ma hai in mente frasi che “anche basta”, aspetto anche te nei commenti.

Se ti piacciono riflessioni di questo tipo, ami leggere di viaggi ma anche, con la scusa dei viaggi, capire cosa accade nel mondo, ti aspetto nella mia newsletter mensile.
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