Vedo complotti.
Credo che stia prendendo piede una più o meno inconsapevole lobby con l’obiettivo di farci diventare persone terribili. Dare ogni giorno nuovi alibi alle nostre piccolezze da opporre ai nostri peggiori giudici, noi stessi.
Non paghi del diffuso pensiero secondo cui non valga più la pena di sorridere, essere cortesi, essere onesti, fingersi di buon umore anche solo per non rovinare la giornata agli altri, arrivano quelle notizie anticipate dalla dicitura ‘ricerca di una famosa università americana’.
Dal ‘Chi beve birra è più intelligente’ stabilito dall’Università dell’Illinois, dopo un approfondito studio su ‘ben’ 40 uomini che dopo la seconda birra diventavano più creativi (mi chiedo se le università negli USA costino così tanto per finanziare tutto questo…);
All’università di Harvard, che ha stabilito che chi ha un pessimo carattere avrebbe lo stesso più ‘sviluppato’. Certa che la ricerca in sé abbia più dettagli e spiegazioni di quelli riportati dai cronisti italiani, e tralasciando gli anni di studio di Peter Salovey e John D. Mayer in merito all’intelligenza emotiva, resto dell’idea che non sia necessario essere stronzi e irascibili per avere senso critico.
Chiudo la breve carrellata con la Keele University (UK) secondo cui dire parolacce renderebbe più sicuri di sé e migliori la propria condizione psichica. Non difficile da credere, dal momento che la parolaccia è un tabù, e sfidare un tabù di entità così minima fa momentaneamente credere di non essere vittime delle nostre sovrastrutture comprimenti.
Mie personali ricerche, con campioni raccolti su ben più di 40 esemplari, dicono che:
– se bevi molta birra sei spesso ubriaco. E da brillo hai qualche tabù in meno. Ma solo per poco. Pare che porti anche gonfiore addominale ma su questo ho i miei forti dubbi. Condurrò ulteriori studi in merito.
– Se hai un brutto carattere… sei insopportabile. Punto. E la gente romperà i propri tabù riempiendoti di parolacce. Anche alle spalle.
– Se dici parolacce, la mamma ti rimprovera.
Perchè proprio le mie ricerche dovrebbero andare oltre l’ovvio?
Veniamo al viaggio. Ho condotto ulteriori studi, da viaggiatrice e da linguista. Le mie ricerche, gloriosamente condotte per le università di Paperopoli e Topolinia, attraverso uno studio transdisciplinare, hanno riscontrato alcuni aspetti in merito all’apprendimento linguistico:
– Dopo la prima birra (se è dai 6 gradi in su, mentre ne servono almeno due per le gradazioni inferiori) si inizia a parlare molto meglio una lingua straniera. Ai miei studenti propino sempre po’ di alcol prima delle lezioni di conversazione. La comunicazione è come la felicità: dipende troppo dall’alcol per essere presa sul serio.
– Molti hanno osservato che quando si parla in un’altra lingua si usano le parolacce che talvolta si omettono nella propria. Non è certo sintomo di maggiore intelligenza solo nel parlare l’idioma straniero, con buona pace dei ricercatori di chissà dove. Trattasi della così detta ‘de-responsabilizzazione’. Alla nostra lingua sono legati i nostri valori e quindi anche le nostre strutture culturali, che spesso sono un vincolo durante l’interazione. Parlando un’altra lingua ce ne liberiamo, in qualche modo, entrando in un nuovo universo culturale e sentendoci più liberi… di esprimerci.
Tuttavia, così come parlando in altre lingue ci liberiamo di alcuni tabù culturali, ci liberiamo anche delle piccole nevrosi alle quali siamo convinti di doverci puntualmente accompagnare per esser degni di stare al mondo. Ed è così che, improvvisamente, in un altro paese la gente ci sembra quasi sempre gradevole, socievole, solare, educata.
La spiegazione ‘scientifica’ è semplice: quando ce ne andiamo a zonzo per il mondo noi siamo, senza accorgercene, migliori: socievoli, curiosi, solari, persino educati. E l’ambiente ci risponde allo stesso modo.
– Concludo la carrellata di buone ragioni scientifiche per essere persone migliori con una frase detta da un’amica bellissima, un’antropologa, attualmente a Cambridge (Massachusetts). Frase che a mio avviso va presa molto più sul serio della scienza, fosse anche solo per il fatto che Giovanna è bella, la scienza… solo sino ad un certo punto.
‘Non mi arrabbio quasi mai. Ma non tanto per ragioni etiche, quanto per ragioni estetiche’.
La bellezza, non la scienza, ci salverà.
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