Arrivano le Olimpiadi di Rio, Brasile, e mi vengono in mente riflessioni sulle campionesse e campioni che da qui diranno addio ai giochi olimpici e, parallelamente, penso a chi, visitando questo paese dalle mille sfumature, dice addio alla sua precedente visione del mondo. Seguimi, ti spiego un paio di cose…
Inutile far finta che tutti i paesi siano uguali: tutto il mondo è paese è una delle affermazioni in assoluto più approssimative ed arbitrarie.
Ci sono luoghi cui non tutti sanno e possono abituarsi, ci sono delle zone del mondo che appaiono sempre esotiche, lontane, aliene nonostante vi si rimanga a lungo. Come l’Africa e in particolare le sua aree centro meridionali, che e fanno paura come un salto nel vuoto, ma una volta vissute diventano un tatuaggio, una fonte speciale di ossigeno, qualcosa di cui non poter più fare a meno.
E come alcuni paesi dell’America Latina, fra cui, forse per primo, il Brasile.
I giochi di Rio avranno la loro parata inaugurale il prossimo 6 agosto e, come ogni olimpiade, anche questa è accompagnata da rumor, polemiche, dibattiti socio-politici.
Tra gli elementi di maggiore interesse e curiosità meramente sportiva, invece, c’è la presenza di campionesse e campioni che vivono qui a Rio il loro addio alla disciplina sportiva che li ha resi leggenda;
Da Michael Phelps alla nostra Federica Pellegrini, porta bandiera della delegazione italiana ai giochi olimpici, alla tennista Serena Williams, Bob e Mike Bryan, Jo Pavey e molti altri.
Tutti loro finiranno un pezzo di strada in Brasile, iniziando una nuova vita al rientro.
Ma anche tu, che andrai in Brasile per la prima volta, non tornerai come prima.
Vediamo quindi insieme quali sono le cose che legheranno per sempre a te il Brasile; quali sono le piccole grandi sfumature che non ti faranno mai più pensare al Brasile come ad “un paese come un altro”.
1 – Il pan di zucchero, il relativismo e la paura di volare
Spesso credo che la (anche mia) paura di salire in punti molto alti non sia paura di cadere ma paura di vedere le cose nella loro interezza.
Chi sale sul punto panoramico principale della capitale brasiliana non potrà non vedere da subito i mille volti di Rio. Uno ricco, uno borghese, uno immenso molto povero. E poi la sua voglia di divertirsi, la sua voglia di ballare, la sua voglia di silenzio.
E poi quella sfumatura estranea a tutte le dinamiche umane, ma preponderante, che sono il cielo e il mare che si incontrano.
Vedere i contrasti da qui non è come vederli da casa, alla tv o nei salotti televisivi. La visuale è diversa e complessa. Vi si arriva con una funivia e la terra sotto i piedi un po’ ti mancherà.
Ma dopo essere arrivata e dopo aver visto Rio de Janeiro da quella posizione, tutta la tua percezione della società brasiliana dovrà iniziare a cambiare, e cambieranno pian piano tutti i tuoi metri di giudizio di ogni società.
Vuoi continuare il viaggio nella relativizzazione di te stessa, delle tue umane fobie e del tuo sentirti parte della società? Raggiungi il Corcovado e il Cristo Redentore con il trenino. Se hai superato la paura della funivia puoi farcela anche qui.
Una volta lassù, ricordati quanto sei piccola e quanto sono piccoli problemi che ti sei portata dietro.
Viaggiando (da sola)
non salvi solo te stessa
2 – L’umano non basta a far sparire il selvaggio
Ci sono luoghi come Jericoacoara che cambieranno per sempre il tuo concetto di “spazio” e di “selvaggio”.
Si tratta di una spiaggia con chilometri di dune di sabbia finissima e lagune di acqua dolce che fanno oscillare i colori creando sfumature di blu che non credevo esistessero.
Non è una spiaggia deserta: surfisti, locali, turisti frequentano quella che è considerata tra le 10 spiagge più belle del mondo.
Eppure quel senso di selvaggio, ignoto, intonso dall’esperienza umana resta immobile.
A Rio, vai oltre Ipanema, e arriva ad Arpoador, molto più bella e autentica, con le sue rocce di 60 metri a picco sull’oceano.
3 – Ricorderai che siamo fatti di acqua.
Il Brasile è un luogo simbolico per chi ha un rapporto speciale con le distese di acqua. E per chi non ce l’ha o non ci ha mai fatto caso, inizierà ad averlo.
Sarà un caso che dei 14 campioni che dicono addio ai giochi olimpici nel 2016, ben 5 vengono proprio dal mondo degli sport acquatici?
Federica Pellegrini, Michael Phelps, la cinese ventenne Ye Shiwen, Tania Cagnotto e anche il velista Robert Scheidt daranno l’addio ai cinque cerchi proprio qui.
Piccola curiosità: nuoteranno in piscine made in Italy, prodotte da “Piscine Castiglione” , azienda leader ed eccellenza nella progettazione e costruzione di piscine moderne, ecologiche, con sedi in diverse parti del mondo, fra cui proprio il Brasile.
Una volta vissuto il senso del mare e dell’acqua in Brasile, in luoghi come il Maranhao e il Nordest del paese, non potrai non riflettere sul fatto che siamo fatti al 75% di acqua, di essenza nata per scorrere e cambiare di continuo, pur restando apparentemente uguali e infiniti.
4 – Sensazione di non aver mai visto abbastanza
Così vasto, così diversificato, così incoerente con se stesso e con le nostre aspettative, puoi restarci una settimana, un mese, un anno ma avrai sempre la sensazione di non aver visto abbastanza. E sarà già quello il mal di Brasile, quella sensazione di aver sempre lasciato qualcosa in sospeso, di avere ancora qualcosa da lasciarsi raccontare dai suoi abitanti, dai suoi scorci, dalla sua natura e dalle sue città che a volte spaventano.
5 – Quella sfumatura intermedia di realtà, dove il negativo diventa positivo.
La chiamiamo tristezza, a volte nostalgia. Quella per il Brasile è saudade: è una forma di malinconia che attiva i ricettori e la memoria, che fa capire, leggere a fondo, ascoltare e ascoltarsi.
Non è un sentimento dal quale si vuol fuggire.
Anche in questo caso, è una nota positiva, una nuova prospettiva che fa sì che nulla sia più come prima.
E va bene così.
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