Tra i blogger e in particolare i travel blogger va molto, non so se ve ne siete mai accorti, il post periodico o una tantum ma spesso riproposto su diversi canali, riguardante la felicità, il tempo che passa, il senso della vita e… l’incompatibilità di una buona gestione delle tre voci elencate con il lavoro full time in ufficio.
Ora, io che millanto di essere travel blogger, io che ho lavorato in ufficio per otto anni e da tre lavoro da freelance creativa, io che viaggio per sopravvivenza (mia e degli altri)… proprio non sono mai riuscita a capire bene questo nesso.
Per cui, se ti aspetti un articolo sui 10 buoni motivi che mi hanno spinta (o che ti dovrebbero spingere) a lasciare il posto fisso in ufficio e viaggiare, vai sull’Huffington post.
Se vuoi conoscere i 7 motivi per lasciare l’ufficio al nord e vivere da freelance sulle coste del Salento, o se vuoi delle dritte per trovare il coraggio di mollare l’ufficio e sfanculare il boss per viaggiare 365 giorni l’anno… abbassa le aspettative, perché non è di questo che parlerò adesso.
E sai perché non parlerò di questo?
Perché credo che per vivere una vita felice e appagata (che poi è un concetto che varia da individuo ad individuo) non sia affatto necessario mollare una certezza (che poi… certezza non è mai) che è privilegio di pochi e poche.
E perché ritengo che il mercato del lavoro e lo stato sociale non possano mantenersi solo sui freelance e nomadi digitali (che già fanno fatica a reggersi in piedi da soli).
E adesso vi dirò di più sui motivi per cui non credo proprio che per viaggiare e godersi la vita serva mollare il proprio lavoro full time.
#1 – Il mio periodo di lavoro h. 9-18 è stato pienissimo di viaggi
E’ bene ricordare a molti teorici del mollare il lavoro per essere felici/liberi/raminghi, che un contratto di lavoro serio, con tredicesima e quattordicesima, con ferie pagate e uno stipendio dignitoso, dà la possibilità di pianificare e programmare viaggi, spedizioni e di scegliere stili di vita molto di più di quanto non possa farlo un lavoro nomade.
Il compromesso è relegato agli orari di ufficio, che certo non è poco. Ma se credi che per i nomadi digitali non vi siano compromessi che ti tengono a volte legata, salta al punto #4 e preparati a soffrire.
La prima domanda (che con le risposte non sono mai stata molto brava) è:
Se si è insoddisfatti del proprio lavoro, può essere che i motivi vadano ricercati nel lavoro stesso e non nello stile di vita che a causa di esso non si puó, putativamente, avere?
#2 – Il motivo della frustrazione – forse – non è il lavoro full time
Conosco persone (in particolare mie storiche compagne di viaggio) che continuano a viaggiare da fare invidia a Ulisse. Sanno sempre lanciarsi in epiche avventure e zingarate senza senso appena possibile, nonostante il lavoro ad orari anche imbarazzanti (altro che 9-18!!).
Ho persino coppie di amici/amiche con figli che non fanno altro che portare in giro se stessi e i propri pargoli e avventurieri in erba (pur non avendo stipendi manageriali e lavorando sempre in ufficio).
Come fanno? Semplicemente vogliono farlo, e si organizzano di conseguenza.
Che cosa se ne deduce? Forse che l’avventura e la frazione di felicità che ad essa è legata, ha poco a che fare con
– l’avere molto tempo
– l’avere molti soldi
– l’aver pochi legami.
Insomma, la faccenda del viaggio e del senso di libertà forse non è legato ai limiti plastici della vita.
Sarebbe come dire che la bellezza di uno spettacolo teatrale dipende strettamente dall’altezza e tipologia di palcoscenico.
#3 – Ciò che blocca la libertà, forse, è altro.
Ma allora, che cosa blocca? Che cosa fa sentire molte persone incatenate e ingabbiate dal proprio posto in ufficio, prese in trappola e impossibilitate a viaggiare, sentirsi liberi, sentirsi felici?
Provo a fare delle ipotesi:
I limiti che noi stesse/i ci imponiamo (il lavoro è solo uno, cui si aggiunge la famiglia – il che è un paradosso perché si tratta di due cose BELLE, ci hai fatto caso?).
E poi c’è la paura
E poi c’è la pigrizia.
Se dobbiamo scegliere dei mostri conto i quali combattere, forse questi sono più pericolosi di una scrivania.
Leggi questo articolo su Come superare la paura di viaggiare (da sole e non) e come smontare gli alibi che ci tengono legate.
#4 – Che poi, questa faccenda che i freelance sono ‘liberi’ va riconsiderata
Giusto perché sono in vena di interrompere miti, sogni e leggende metropolitane, sappi che anche la vita da nomade digitale è molto meno stimolante quando la si chiama con un altro dei suoi nomi: lavoratori autonomi (a progetto) da postazione remota.
E per sopportare il peso di questo nome mediocre, bisogna davvero amarlo, questo lavoro.
Ecco, credo di poter asserire che amare il proprio lavoro è il secondo privilegio del nostro tempo (il primo è, ovviamente, averlo).
Ci sono delle cose che fanno passare la passione e la fantasia anche a chi può lavorare dove vuole e quando vuole (che in realtà vuol dire quando deve e dove può).
Leggi le verità drammatiche sul lavoro di blogger (chi sono, chi li manda e chi li paga, ecc).
L’entusiasmo è una cosa difficile da mantenere. Bisogna amarsi, prima di tutto. Ed è la cosa più difficile, almeno nella mia piccola esperienza. E amandosi, pensare che sì, si può e si deve avere tutto:
felicità e noia, libertà e lavoro, amore e indipendenza.
Pensare che siano cose come lavoro, amore, famiglia, la casa (che tecnicamente sono cose belle, anzi bellissime) a legarci è come dire che a Natale ingrassiamo perché non metabolizziamo bene le carote.
4 Comments
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Eugenia
Si vive una volta sola e per questo bisogna godersela minuto per minuto facendo ciò che ti fa sentire davvero vivo! Io credo che non serve di lasciare il lavoro fisso per poter viaggiare il mondo, è spesso una questione di priorità. Quindi niente scuse, si può sempre trovare il tempo per qualcosa davvero importante!
Nicoletta
Eccezionale questo articolo Sabrina! Penso che lo condividerò e ri-condividerò. Premesso, io faccio parte delle relegate in ufficio al nord, che però viaggia spesso, o almeno più che può, compatibilmente con lo stipendio e le ferie, come dici tu… perchè voglio farlo.
Tante volte ho pensato all’idea di cambiare tipo di lavoro, perchè capo e ufficio vanno stretti; ma è verissimo quello che dici tu: la pigrizia, la paura, l’incertezza di non poter fare programmi, mi frena. Perchè è verissimo che ogni professione ha pro e contro, e bisogna mettere tutto sulla bilancia, e soprattutto valutare bene quale più si adatta al proprio carattere! Per un lavoro come il tuo bisogna essere indipendenti, creativi, molto elastici e magari più liberi da legami… a proposito, di questo non parli… cosa ne pensi?