Come venire bene in foto. (o dell’inganno della fotogenia)

Ci sono persone belle e persone “meno belle”.
Ci sono persone fotogeniche e persone non fotogeniche.
Ci sono persone buone e persone cattive.
Queste tre sciocchezze della stessa portata, non sono che frasi che si usano per liquidare degli argomenti sui quali servirebbe scrivere ogni volta un nuovo trattato. Cosa che mi guardo bene dal fare.

In realtà e in breve, ho osservato che esistono persone che si amano o imparano ad amarsi e persone che non lo fanno (cioè, che non si amano e non provano a farlo). E poi mille altre sfumature che incidono su quello che siamo e sull’idea che vogliamo dare di noi.

E poi ci sono persone che decidono che odiano le foto perché non si riconoscono in quella persona ritratta e persone che non si danno per vinte e vogliono trovare un modo per rivedersi in immagini senza provare disagio.

Se appartieni anche solo in parte a quest’ultima strana categoria, sappi che ci sono diversi modi per avere scatti più generosi verso le nostre espressioni più belle. Adesso cerco di riassumere tutto quello che ho imparato dopo anni di foto-tessere indecenti tenute nascoste.

come aumentare il traffico di un blog - sabrinaSe non mi conosci ancora, piacere,
io sono Sabrina, blogger e esperta di mondo digital, e un tempo credevo di non essere fotogenica.
Mi segui già su Instagram?

Le foto-tessere hanno molte colpe nella convinzione di alcuni e alcune di non essere fotogenici/fotogeniche. Per anni, dei fotografi ci hanno messo in posizioni legnosissime chiedendoci persino di non sorridere troppo, per farci apparire improponibili davanti allo stato e alla legge.
Una vergogna.

“Vedersi da fuori” e sentirsi a proprio agio è importante nell’idea che abbiamo di noi stesse. Vorrei dirlo a tutti fototesseratori e scriverlo nelle macchinette apposite.

In questa lunga premessa ho già racchiuso delle parole chiave importanti per capire come venire bene in foto, che ce le si faccia da sole o che le si chieda ad altri (in genere la seconda opzione è più complessa, per il motivo di cui al punto #4, dell’elenco sotto riportato).
Queste parole chiave sono “riconoscersi” (nella foto) , “espressioni” (le migliori, le più indicative del nostro carattere) e “fotografo/a”.

Ma andiamo per ordine:

selfie venire bene in foto

Che cosa fa venire male un foto ritratto?

Io che per molto tempo (dagli 11 ai 20 anni) non ho amato vedermi in foto e non mi ritenevo assolutamente fotogenica, ricordo che odiavo:

  • i miei difetti che vedevo amplificati (nella fattispecie, le occhiaie sempre scurissime e i capelli crespi)
  • espressioni… diciamo un po’ del cavolo (sorriso finto, espressione aliena a me, atteggiamento del corpo legnoso)
  • per non parlare dell’imbarazzo e della paura di passere per stupida nell’atto del “mettermi in posa”.

Ci ho preso, vero? Sono o non sono le cose che anche tu, che credi di non essere fotogenica, odi nei tuoi ritratti e nell’atto della foto? Te l’ho detto, sono un’esperta.

Sappi che a queste cose ci sono cause ben precise e anche vari rimedi, e ora ne vediamo insieme alcuni.

1 – Luci e angolature sbagliate 

Che differenza c’è tra queste due foto, della stessa persona durante lo stesso viaggio (a Melbourne)?

Molte a dire il vero, prima di tutto è evidente che una è fatta con una luce intensa e illuminante, l’altra con poca luce proveniente da un solo lato, per lo più basso, che esalta occhiaie (che come i veri amici e i rimorsi non ti lasciano mai) e zone d’ombra varie.
Adesso che è facile vedere le anteprime delle foto e rifarle più volte eliminando (per sempre) quelle venute male, approfittane e usa le nuove tecnologie per rifare uno scatto cercando sempre sempre una luce tenue ma diretta.

(io non ho eliminato la foto di sinistra perché anche se sono venuta male la trovo simpatica).

Consiglio in più, da una che usa le sue foto anche per il personal brand: le foto fatte al tramonto o alle prime luci della sera tendono a venire meglio, perché le luci sono più morbide e vengono lateralmente. .

2 – Legnosità: momenti sbagliati e troppo brevi

Dagli 11 ai 20 anni, alla frase “fermi, vi faccio una foto” mi saliva il nazismo.
Dentro di me pensavo: ma se vuoi fare una foto, santo cielo, falla e basta! Non serve che mi avvisi otto ore prima.
E infatti constatavo che nelle foto fatte per caso, nei così detti scatti rubati, mi piacevo di più.
Per ovviare alla cosa ho usato vari metodi. I due più utili sono
– non guardare verso l’obiettivo (io non lo faccio quasi mai: guardo in aria, scruto i passanti, conto le formiche, cerco risposte nell’universo ecc..).

Se il fotografo/a dice “sì ma guardami” io rispondo “tu scatta e basta”.

– Modalità video: scoperta recente, usata moltissimo nel mio ultimo viaggio a Varsavia e a Londra,  che non solo mi consente di fermare il frame migliore, in cui ho un’espressione accettabile, ma anche di fare foto molto particolari.
Come queste fatte a Londra. La fotografa (mia cugina Rossella) non mi fotografava affatto ma, pazientemente, faceva dei video in 4k di pochi secondi (giuro che ho ricambiato il favore).

Io poi sceglievo i frame migliori e il risultato è a mio avviso carino.
Oltre ad avere foto meno imbalsamate e poter fermare l’istante in cui il sorriso è più spontaneo e la postura più elegante, questo metodo permette anche di non tenere troppo a lungo prigioniero il fotografo/a affinché ti faccia 986.000 scatti sinché non trovi quelli migliori (su questo punto, dedico tutto il paragrafo #4).

Altro modo molto utile per evitare vergogna e legnosità e trovare modi per farsi foto da sole.

3 – La posizione che più ti rappresenta

crop sabrina

Se proprio devi metterti in posa, rivendica una posa tua, che ti rappresenti e che ti faccia sentire a tuo agio. Esempio, io mi riconosco nelle foto con la faccia poggiata sul palmo della mano; non so perché ma questa posizione mi fa sentire al sicuro e riesco persino a guardare in camera.

Uno sguardo serio e profondo a me proprio non viene. Quindi niente, meglio non farlo, non mi ci riconosco.

La foto qui sopra, scattata a Melbourne da mia madre, è una delle mie preferite, o forse la prima in assoluto. Mia madre avrebbe preferito non corrucciassi la fronte, ma bisogna imparare a non ascoltare i consigli e assecondare il mo(n)do nel quale siamo più comode.

4 – A volte il problema è anche chi fa la foto (per questo in genere i selfie vengono meglio) 

Io non chiedo mai di farmi una foto a qualcuno che si annoia a farlo. Mi mette in soggezione, mi fa sentire molesta.
Chi mi fa una foto deve giocare con me, ridere di me, divertirsi (per altro, mi piace tantissimo fotografare gli altri, quindi il gioco comprende una divertente alternanza dei ruoli).
Se il fotografo/a va di fretta, se non gliene frega nulla, se è distratto… lascia perdere, non sarà un gioco e sarà solo frustrante. Al massimo imposta il video e l’inquadratura e chiedigli/le di tenere il braccio fermo per 10 secondi mentre tu “fai cose” (cammini, salti, ti sistemi i capelli) e approfitti del mio consiglio #2.

Oppure passa al fai da te in modalità selfie.
Ma il selfie ha per molte, inutile nasconderselo, un’enorme problematicità: il senso del ridicolo.
Non a caso buona parte dei selfie migliori sono in bagno, in cameretta, in caverne lontane dalla civiltà, rendendo i primi piani bellissimi ma lo sfondo terribile. Se siamo in una piazza pittoresca ma affollata, il selfie ci fa sentire spesso in imbarazzo.
Io ho superato il problema da un pezzo con un solo irrinunciabile e trasversale rimedio:

5 – L’arte di fregarsene.

IMG_9036

Farsi dieci volte la stessa foto per cercare la giusta luce? Ma sembro scema.
Fare più volte lo stesso selfie? Mi prendono per bimbminchia.
Chiedere a chi è con me di rifarmi una foto? Penserà che sono vanitoso/a.
Chiedere ad un passante? Penserà che sono scema, bimbaminchia, vanitosa e pure sfigata.

Sì, può essere. E quindi?
Qual è esattamente il ruolo che i passanti, con il loro giudizio, avranno nella nostra vita? Quale la loro incidenza?
Lo sai bene, nessuno, niente, zero. Quello che più pesa su di te è la tua idea di te stessa e quella dannata propensione all’auto-censura. (leggi di più in merito a questa piaga, con alcuni plausibili rimedi) .
Perché il tuo accanirti da sola su una foto affinché venga bene dovrebbe mai cambiare l’idea che hai della tua intelligenza, maturità, serietà?
Magari è il caso di iniziare a dare a tutto il giusto peso, non credi?

Mettersi al centro della propria vita ALMENO quando si ha a che fare con cose frivole e leggere come una foto è difficilissimo, ma credo che sia importante voler iniziare ALMENO dalle piccole cose, per passare se è il caso a quelle più grandi e importanti (che di certo non discuterò in questo pozzo nero di trivialità che è il mio blog).

Come una complessa forma di scultura, l’arte di fregarsene prevede tecnica, studio e, alla fine, improvvisazione (ma solo quando si è tecnicamente brave/i).
Credo che i viaggi possano aiutare molto in questo percorso, sia in merito alla fotografia di sé e alla capacità di vedersi dal di fuori e amarsi che in merito all’arte di fregarsene. Qui spiego come, sempre secondo me. 

2 Comments

  • giovanni matera

    Ciao Sabrina,
    leggo in ritardo questo post, ma vorrei comunque spezzare una lancia in favore dei tanti fotografi (categoria della quale ho fatto parte per un po’ di anni) accusati di aver scattato foto per documenti ponendo i soggetti “in posizioni legnosissime chiedendo persino di non sorridere troppo”… devo dire che esistono normative precise alle quali attenersi, eccone due passaggi:

    – Il viso non deve essere inclinato né lateralmente né verticalmente e non sono ammesse posizioni artistiche (cioè, viso girato, spalle alzate, etc.). Inoltre il viso deve essere fronte alla macchina e lo sguardo deve essere rivolto verso l’obiettivo.

    – L’espressione deve essere neutra, ed il soggetto deve avere la bocca chiusa e gli occhi ben visibili ed aperti.

    Detto questo, concordo con tutto quanto suggerisci ai frequentatori del tuo blog. Ho anche apprezzato molto “3 motivi + 1 per partire con una reflex analogica”. Mi hai riportato indietro nel tempo e mi hai fatto ricordare il mio papà (fotografo in pensione) che, costretto a scattare una foto con il cellulare, brontolava per quello che gli toccava fare… “PROPRIO IO… A NON AVERE UNA MACCHINA CON ME!”
    con simpatia, gianni

    • Sabrina - In My Suitcase

      Gianni, grazie per il tuo commento (because in questo blog di serene cazzate, ogni tanto un parere da esperto non può che far bene).
      Eh lo so che non è colpa di chi fa una professione serissima ma del governoladro e delle normative, ma la percezione che noi degli anni ottanta abbiamo avuto molto a lungo di non essere fotogenici non dipende (solo) dal fatto che tutte e tutti ci siamo vergognati delle nostre carte di identità (perché va detto, ce ne vergognavamo tutti).
      Siamo anche della generazione del “guardami che faccio una foto, mettiti in posa, fermi tutti per 40 minuti che scatto ecc.”.
      Lo devo dire? Lo dico: molto romantico l’analogico, ma… amo il digitale! 🙂
      UN abbraccio!

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