Sono stata nella regione di Pridnestrovie, più nota come Transnistria, la regione separatista russa della Moldavia, al confine con l’Ucraina.
Ci sono stata non tanto per andare a vedere la statua di Lenin, che sinceramente ho visto anche a Biškek, Kirghizistan, e che non esercita su di me né fascino esotico men che mai aneliti nostalgici.
Ci sono stata perché, come sai (lo sai già?) sono appassionata di geopolitica, in particolare dell’Est Europa, e non potevo andare in Moldavia senza provare a capire, sentire, parlare con il territorio.

TIraspol, Busto di Lenin, palazzo del governo ©sabrinabarbante
Ci tengo a dire che
- non credo di aver fatto nulla di pericoloso:
la Transnistria è meta turistica e avamposto evergreen del turismo territoriale moldavo (e su questo punto ci torniamo tra un attimo), - Tiraspol è una città non bella, ma sicura, almeno per adesso.
- E sono andata con una guida molto preparata e un autista esperto nelle tratte di questa frontiera non autorizzata.
Il mito turistico del “paese che non esiste”

fortezza turca a tiraspol ©sabrinabarbante
È facile immaginare Tiraspol come un parco a tema URSS:
statue gigantesche di Lenin, simboli rossi, brutalismo, carri armati e militari russi.
E poi negozi di cimeli di epoca sovietica, bunker adibiti a cantine in antico stile del regime.
“Ci sono persone – mi dice la mia guida – che vengono in Moldavia per 48 ore solo per visitare la Transnistria”.
Perché è particolarmente bella?
Non credo.
Per anni la Moldavia ha accettato questa narrazione: il paese che non esiste come attrazione esotica per noi, turisti dell’Ovest.
Poi, quattro anni fa, il mondo ha cambiato coordinate.
Un altro Stato, con regioni controllate da Mosca, ha iniziato a vivere sotto le bombe.
La Transnistria non è un quartiere hipster auto determinatosi indipendente, come può esserlo Uzupis a Vilnius.
Qui la separazione è nata nel sangue: tra il 1990 e il 1992, ad una guerra civile ha lasciato sul campo morti, famiglie distrutte, una frontiera congelata.
Prima di essere una destinazione turistica, la Transnistria è una ferita nazionale.
Visitandola, si cammina su due piani: quello della “reliquia sovietica” e quello del dramma silenzioso di una terra sospesa tra Moldavia, Russia, Europa… e Ucraina, da cui proviene oltre il 30% dei suoi cittadini.

tiraspol parco ©sabrinabarbante
La realtà di un territorio polveriera
La Transnistria non è folklore.
È un de facto stato con truppe russe e, al di là della moneta propria, ricordino che tutti portiamo a casa, ha un’oligarchia che domina la politica e l’economia.
Il conglomerato Sheriff, fondato da ex agenti del KGB, controlla partecipazioni in petrolio, media, calcio e infrastrutture.

visitare tiraspol ©sabrinabarbante
Ecco perché la Moldavia vive con la consapevolezza – poco evidente ma costante – che quella regione separata possa trasformarsi in una nuova miccia geopolitica.
È quel “potrebbe essere il prossimo Donbass e, la Moldavia, la prossima Ucraina” che non è affatto retorica, ma un dato fattuale.
Al mercato di Tiraspol i cognac Kvint sono disposti come trofei.
Dietro un’etichetta si intravede un’economia che funziona solo perché funziona “qui”.
I monumenti ai caduti della “Grande Guerra Patriottica” sono restaurati, il verde curato, le panchine nuove.
L’architettura brutalista domina, severa e concreta.
E in questa cornice, il turista dell’Ovest fotografa, sorride, conserva il tagliandino che sostituisce il timbro sul passaporto abbastanza forte da vivere ogni timbro come un souvenir di frontiera.
E’ forse tutto qui il privilegio di essere europei o comunque di quel “passaporto forte”.
Poter attraversare una frontiera per curiosità, persino per qualche selfie cringe, e poi poter tornare indietro.

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