Se vorresti Aureliano Buendia come compagno di viaggio e, perché no, di vita, se Macondo è la destinazione dei tuoi sogni, sappi che anche la vicina Europa e la vicinissima Europa orientale possono raccontare storie di rivoluzioni.
Vinte, perdute, o sospese nella zona grigia dei vinti e dei vincitori, in quei dibattiti infiniti che non senti in tv, ma alla tavola delle famiglie, tra generazioni; rivoluzioni e fatti che non hanno la chiarezza del bianco e del nero neanche quando qualcuno si prende la briga di formalizzare tutto in un libro di storia.
Oggi parliamo di piazze e strade in cui sono passate rivolte recenti, in questo momento in cui ci stiamo allontanando dalla memoria di cosa può fare un’orda di persone in una strada, in una piazza, che pretende qualcosa.
Parliamo di rivoluzioni recenti che hanno ancora effetti sulla storia e la politica internazionale contemporanea e noi neanche ce ne avvediamo, e di monumenti brutti che troverai a commemorare massacri e giorni dai quali non si torna indietro.
Te ne parlo perché vorrei che li notassi, questi massi di marmo posti quasi sempre in piazze bellissime, questi memoriali; perché quando viaggiamo in luoghi così vicini a noi, con voli molto economici, andiamo veloce, non possiamo approfondire tutto.
E non tutto quello ce vediamo in viaggio è bello, non sempre la storia è edificante, non sempre c’è un lieto fine e non sempre c’è una fine.
La storia è un continuum, dove è facile perdere le redini e nascondere il non capirci niente dietro una bella foto.
(Se questo tipo di racconto di viaggio ti rappresenta, iscriviti alla mia newsletter; una volta al mese ti porto in nuovi viaggi con me.)
Partiamo allora: ecco 6 città che raccontano rivoluzioni recenti importanti nella storia contemporanea, con indicazione dei luoghi esatti in cui questi fatti sono ricordati.
Non è un caso se ti porto a vedere monumenti brutti in piazze belle; se la bellezza ci salverà tutti, la bruttezza ci farà da promemoria.
La rivolta di Timișoara (1989)
Siamo nel 1989, l’altro ieri, praticamente.
Gli stati del Patto di Varsavia, cioè gli stati filo-sovietici in alleanza con l’URSS in contrapposizione alla NATO, iniziavano a scegliere una via alternativa a quella russo-stalinista, dopo l’assicurazione da parte di della Russia di Gorbačëv di non ripercussione sugli stati che cambiavano rotta.
Mentre in altri stati come Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Paesi Baltici rovesciarono i regimi con relativa velocità, in Romania il regime di Nicolae Ceaușescu non mollava la presa e, al contrario, si distaccava anche dalle posizioni URSS ormai troppo morbide, per ispirarsi al dittatore nord koreano Kim Il-sung.
Forse anche per questo, fu il solo dittatore socialista ad essere ucciso, durante le rivoluzioni dell’89.
La rivolta di Timisoara nacque per una semplice protesta contro l’allontanamento dalla diocesi di un pastore protestante di origine ungherese (László Tőkés), dissidente politico.
Come spesso accade a popoli esasperati, fu la classica goccia che fece traboccare il vaso e gonfiare le folle, che portarono avanti una guerriglia urbana dopo l’intervento dei militari.
Luoghi che raccontano la rivoluzione di Timisoara
Piazza della Vittoria (Piața Victoriei) e la Cattedrale Metropolitana, unite da un passaggio pedonale meraviglioso, non sono solo i punti di partenza per la tua visita a Timisoara. Sono anche i luoghi principali dove avvennero le manifestazioni.
Prima era chiamata Piazza dell’Opera (perché ci troverai il bellissimo teatro in stile viennese), ma dopo l’89, qui si commemora la rivoluzione.
Il Museo della Rivoluzione di Timișoara offre un approfondimento dettagliato su questi eventi storici, consiglio fortemente la visita, ricca di foto, video e documentari dell’epoca.
- Leggi anche “Cosa vedere a Timisoara”
I fatti di Bucarest (1989)
Dopo l’autunno infuocato di Timisoara, la protesta, poi diventata anche guerriglia civile, è passata alla capitale, Bucarest, nel dicembre dello stesso anno.
Dopo la rivolta di Timișoara, le proteste si diffusero rapidamente a Bucarest. Il 21 dicembre, una manifestazione organizzata dal regime si trasformò in una protesta contro Ceaușescu, che fuggì dal palazzo presidenziale il giorno seguente.
Ci sono ancora molti dubbi e verità poco chiare su quello che accadde: c’è chi sostiene che oppositori interni al regime fecero partire dei colpi a salve dalle file militari per fomentare la folla, cosa che di fatto avvenne.
Dopo giorni di scontri tra le forze governative e i manifestanti, culminati il 25 dicembre con l’esecuzione di Nicolae e Elena Ceaușescu, la Romania intraprese un difficile percorso verso la democrazia e le riforme economiche.
La situazione romena era così compromessa che, come spiego in questo articolo, ancora oggi ci sono segni evidenti nonostante Bucarest sia una bellissima città da visitare. Anzi, forse queste ferite la rendono ancora più interessante ed espressiva della sua storia recente.
Luoghi che raccontano la caduta del regime in Romania
A Bucarest, il Palazzo del Parlamento, il secondo edificio amministrativo più grande al mondo, è un simbolo del regime di Ceaușescu, ma anche simbolo dell’esasperazione del popolo; la costruzione di questo edificio ha innalzato vertiginosamente il debito pubblico rumeno, portando un’impennata nelle tasse da ridurre la gente alla fame.
Per costruirlo, un quinto dell’antico centro storico fu raso al suolo e centinaia di famiglie furono cacciate dalle proprie case e “riposizionate” nei palazzi socialisti.
Quest’azione, nella memoria dei rumeni viene definita Ceaușima, una crasi tra Ceaușescu e Hiroshima.
Il Cimitero degli Eroi della Rivoluzione e il Memoriale della Rinascita sono dedicati a coloro che persero la vita durante la rivoluzione; il secondo monumento, non è amato da tutti in Romania, anzi, forse quasi da nessuno. Giudicato troppo freddo e astratto, non in grado di trasferire il pathos che merita un momento così complesso.
La Primavera di Praga (1968)
Quello che è accaduto in Romania, ma anche in tutta Europa, nell’89, ha le sue basi genetiche a Praga, 30 anni prima.
Siamo in piena guerra fredda, e in Cecoslovacchia, paese del Patto di Varsavia, il leader Alexander Dubček pensa bene di voler allentare la morsa del regime; pensa che un governo socialista possa anche permettere libertà di stampa, commerci con paesi di blocchi politici differenti, insomma, pensa di poter fare il socialista moderno.
Ma l’URSS non è d’accordo e manda in carri armati, spara, imprigiona e depone. Tutto torna alla normalità… salvo quel piccolo problema delle proteste pacifiche e quel suicidio-protesta di Jan Palach e Jan Zajíc, che continuano a far pensare al resto del blocco sovietico che, se la Russia non rompesse le palle con i carri armati, un nuovo modello sarebbe possibile.
Luoghi che raccontano la primavera di Praga
Nei pressi di Velkopřevorské Náměstí, la piazza del Gran Priorato, si trova il “Muro di Lennon”; apparentemente solo un muro con un murales che ritrae l’ex Beatles assassinato nell’80. Ma su quel muro, negli anni antecedenti le rivoluzioni di velluto, i giovani andavano a scrivere messaggi di pace e resistenza, puntualmente cancellati dopo poche ore.
Poi c’è il Museo dei Comunismo, che ovviamente ne racconta anche la fine e la repressione dell’89.
In piazza Venceslao, luogo in cui ebbero luogo buona parte delle manifestazioni, troverai anche il memoriale a Jan Palach e Jan Zajíc, ma io consiglio di spostarti a pochi metri dalla fontana, davanti al Museo Nazionale, sempre in piazza Venceslao, per trovare una croce orizzontale, che sembra fusa, e che è il luogo in cui Jan Palach si diede fuoco.
Un’opera diversa dai memoriali, orizzontale e non verticale, drammatica e intesa.
La Rivolta di Poznan (1956)
La situazione degli operai polacchi negli anni Cinquanta era un bel po’ critica, e gli operai nelle fabbriche rispondevano all’esasperazione delle condizioni di lavoro con le sommosse. Non fu eccezione la sommossa del 56, che a dire il vero innestò una serie di manifestazioni di fabbrica che ebbero eco in tutto l’est, dove anche l’inflazione cresceva a ritmi non più sostenibili.
La rivolta fu repressa violentemente, con numerosi morti e feriti, ma consapevoli delle fughe di notizie nei paesi limitrofi e nel resto della Polonia, i leader politici concessero alcune aperture salariali e diritti ai lavoratori.
Luoghi che raccontano la rivolta di Poznan
Non lontano dall’Università Adam Mickiewicz e al relativo parco, molto belli entrambi, sommesso e nascosto, ovviamente non particolarmente bello, trovi il Monumento agli Eroi di Poznań 1956 (Poznańskie Krzyże), riassunto in due croci con dei lacci e un elenco di date.
- Leggi anche “Cosa vedere a Poznan”
Le proteste di Solidarność a Varsavia (1980-1981)
Nessuna protesta resta realmente isolata nel tempo, e da Poznan non poteva non spostarsi alla capitale.
Il movimento Solidarność (Solidarietà) nacque prima come movimento clandestino, per poi fondarsi ufficialmente come sindacato indipendente nell’80 nei cantieri navali di Danzica.
Al di là delle proteste sindacali non violente ma molto forti che portarono a delle concessioni, le marce di Solidarność hanno aperto le porte ai movimenti sindacali polacchi e hanno contribuito allo smantellamento del partito unico;
Solidarność rivendicava per altro la forte cattolicità della Polonia, del tutto in contrasto con i regimi di influenza sovietica del dopoguerra.
Luoghi che raccontano le manifestazioni di Solidarność
A Varsavia, trovi il Solidarnosc Denkmal, un monumento di ringraziamento al movimento e commemorazione agli operai uccisi (in piazzaMikołaja Kopernika).
Lo mettiamo tranquillamente nell’elenco dei monumenti più brutti d’Europa, probabilmente accanto al Memoriale della Rinascita di Bucarest; ma, les amis, il senso estetico dell’arte rispecchia i suoi tempi. Pensiamo sempre che queste opere sono state fatte in poco tempo, in paesi in serie difficoltà economiche e influenzate da decenni di estetica sovietica.
- Leggi anche “Varsavia, la città della cultura dissidente dell’Est”
- Le cose da vedere a Varsavia
- Varsavia, la città delle Sirene Guerriere
Il massacro di Tbilisi (1989)
Siamo sempre in quel famoso 1989, aprile; anche a Tbilisi, Georgia, la politica di Gorbačëv ha aperto il vaso di Pandora e si inizia a parlare più liberamente di un mondo diverso, di un modello più libero, di democrazia, libertà di stampa e di libero scambio.
Anche a Tbilisi ci sono manifestazioni per l’indipendenza dal blocco sovietico ma… ma si manifesta anche, e con forza, contro l’indipendenza dell’Abcasia, sub regione Georgiana con forte identità territoriale, che insisteva per l’autonomia totale dalla Georgia.
L’Abcasia, infatti, è stato uno dei pochi territori cui l’URSS ha concesso autonomia culturale e linguistica, proponendosi persino come aperta liberatrice dalle pressioni georgiane; L’Abcasia, negli anni delle rivoluzioni del Patto di Varsavia, era stata chiara: se voi uscite dal blocco sovietico e dall’influenza russa, noi ci restiamo.
Dunque a Tbilisi interviene l’esercito, duramente, non tanto per le manifestazioni anti regime, ma anti secessioniste. Insomma, la violenza si è usata per quella “compatriot policy” che ancora oggi usa Putin per “difendere” i territori che reputa di sua influenza. Ancora oggi l’Abcasia è contesa tra Georgia (che schifa e odia la Russia di Putin) e Russia.
L’attacco dell’esercito, che non disdegnò l’uso di armi chimiche, causò 21 morti, quasi tutti donne e ragazzi molto giovani, e centinaia di feriti. Questo evento fu un punto di svolta per il movimento indipendentista del paese che dichiarò la sua indipendenza nel 1991, ma anche l’inizio di un’ancora attuale tensione per via dell’indipendentismo abcaso, che fa temere alla Georgia di essere la prossima Ucraina.
E non è un caso se anche oggi ci sono a Tbilisi forti proteste contro l’attuale governo, che strizza l’occhio a leggi Russe sul controllo dell’informazione. Parlo meglio di quello che sta accadendo ora in Georgia, qui.
Luoghi che raccontano le il massacro di Tbilisi
A Tbilisi, la Piazza della Libertà ha cambiato nome tante volte quante i passaggi da un governo all’altro: oggi festeggia la libertà dai regimi e la repubblica democratica.
In commemorazione delle vittime della repressione del 9 aprile 89, troverai il Memoriale del 9 Aprile, in viale Rustaveli. Il Museo Nazionale della Georgia documenta la storia recente del paese, inclusi gli eventi del 1989.
C’è un memoriale anche a Kutaisi, nel parco antistante la fontana della Colchide.
- Leggi anche “Cose da sapere prima di un viaggio in Georgia”
- Cosa vedere a Tbilisi e cose da sapere sulla città
Quando viaggi, ti fermi mai ad osservare i “monumenti bruti”, e ti chiedi mai perché sono lì e cosa cercano di ricordare, a noi viaggiatori distratti in perenne ricerca del bello, più che del vero?
Lascia un commento