Mettiamola così: se un mondo migliore esisterà, a mio avviso non verrà costruito solo da un gruppo di persone che fanno o amano fare tutte le stesse cose, come se siano queste ‘cose’ in sé a cambiare in meglio il destino dell’umanità.
Per intenderci, non credo nella superiorità morale o intellettuale di chi
legge
studia
viaggia.
Perché queste tre sono solo delle azioni, che possono essere fatte per motivi e in modalità diversissime.
In merito ai viaggi, ad esempio, ho sempre sentito delle banalizzazioni che rasentano il controsenso e che, se fossero vere, il mondo sarebbe già l’Eden.
Vediamo alcune frasi snocciolate e vendute a un euro al chilo alla fiera dell’ovvio del viaggiatore.
1 – Chi viaggia è più aperto di mente.
Parliamone. Abbiamo tutti la stessa attitudine, basta avere una valigia in mano e un biglietto? Secondo me, no. Non è per tutti lo stesso e non è sempre lo stesso per ognuno di noi in ogni momento della vita.
Ci sono cammini impercorribili che separano il nostro ego e le nostre certezze da tutti gli elementi estranei, e ce ne teniamo spesso a debita distanza anche quando siamo lontani da casa. Indicatore di questo è, ad esempio e a mio avviso, la tendenza a sottolineare la superiorità/inferiorità di #noiItaliani nel confronto con altri. Senza soffermarsi sui perché che distanziano una cultura da un’altra. Senza riflettere e pensare che non tutto è meglio/peggio. Talvolta è solo diverso.
2 – Ci sono viaggi e viaggi.
Assunto che implica che un viaggio in India non ha la valenza di uno a Manhattan e che andare una settimana a Londra non è come andare un anno nelle campagne scozzesi. La differenza a mio avviso è, nel 99.3% dei casi, solo geografica (dati forniti dal mio generatore automatico di percentuali).
Non trovo molta differenza tra una persona che per essere sempre la più bella del reame studia il look delle altre e fa di tutto per emergere partendo da questo confronto, e il viaggiatore che cerca sempre la meta più ‘alternativa’.
Vanità.
Che a mio avviso non è certo la madre di tutti i mali – anzi… – , ma è una madre che guida le nostre azioni e, come da ogni madre, a volte bisogna emanciparsene.
Lo dico? ok… lo dico: Si impara qualcosa anche da un all inclusive in villaggio Valtour in Tunisia. Ecco, l’ho detto.
Anzi, ci riesce solo chi è una viaggiatrice di livello super avanzato. Io purtroppo non sono ancora tra questi, perché sono ancora lontanissima dall’All inclusive, dove berrei mojiyo in spiaggia e mi guarderei bene dall’imparare alcunché.
3 – Il viaggio spirituale.
Credo che durante un viaggio, la quotidiana lotta con calli al piedi, dermatiti, sudore, gambe gonfie, caldo/freddo, freddo secco/freddo umido, cambio di aria e pressione possa servire più ad un ricongiungimento con le esigenze del corpo che con questa faccenda dello spirito. Anche perché quelli appena elencati sono segnali corporali che non si possono bloccare con anti-infiammatori e normalizzazione farmacologica. Bisogna assecondarli e seguirli. Tanto bello lo spirito contemplativo, ma quando si viaggia si asseconda il corpo per riportarsi a casa sani.
4 – Si viaggia per trovare se stessi.
Molti non saranno d’accordo, ma esiste tutta una serie di cose più interessanti del sopravvalutato concetto di ‘se stessi’. Ad esempio gli altri.
A partire dai compagni di viaggio sino a chi si incontra per caso. Hanno sempre tutti tante cose interessanti e surreali da raccontare. Cose che potrebbero in molti casi non essere nemmeno vere e che spesso mi fanno perdere ogni minima voglia di riferire delle noiose faccende della mia vita o di riflettere sulle mie nevosi da curare e a cui trovare risposta.
Come sono troppo tirchia per pagare uno psicanalista sono anche troppi pigra per cercare me stessa.
E in fondo, se è vero che un viaggio è fatto (anche) per imparare, io non ho mai imparato nulla parlando.
Vi vengono in mente altri Luoghi Comuni?
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