I benefici del blogging per la nostra salute mentale

Il mondo del web e la creator economy ci hanno dato tanto. E tanto ci hanno tolto. 
Ci hanno dato la possibilità di conoscere di più e più velocemente, ma a questa velocità si è spesso associata una maggiore superficialità, una perdita della capacità di analisi per via dello scarso tempo dato al nostro cervello di elaborare le informazioni nelle piattaforme di fast content (social media e piattaforme di infotainment come Instagram e TikTok). 

Abbiamo dato via un po’ della nostra capacità di concentrazione e molti dei nostri dati. 

Le piattaforme social sono fatte per creare dipendenza e non dare spazio alla percezione spazio temporale; 

in breve, elementi compensativi (i.e. le vanity metrics, like, interazioni, view immediate), contenuti veloci e bolle algoritmiche sono fatti in modo tale da farci entrare su un social e farci perdere la cognizione del tempo e dello spazio. 

Ma il mondo del web ci ha dato anche l’opportunità dello slow content, cioè la possibilità di condividere contenuti di lenta fruizione, ed è qui che oggi condivido un po’ di buone nuove. 

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Se ancora non ci conosciamo, io sono
Sabrina Barbante

Blogger, blogging coach, SEO strategist, divulgatrice della creator economy. 

 

Ricerche dimostrano che il blogging fa bene alla salute mentale

Ci sono spazi del web il cui uso comporta molti benefici, e il blogging è uno di questi. 

Una ricerca condotta dalla School of Psychology and Clinical Language Sciences dell’università di Reading (UK), in collaborazione con il Centro studi Child and Family Science, dell’Università di Hong Kong, ha dimostrato attraverso studi longitudinali su un campione dei circa 200 giovani adulti di diversi paesi, che l’attività di blogging perpetrata nel tempo comporta benefici e breve, medio e lungo termine sulla salute mentale. 

Ti lascio il link alla ricerca. 

Perché il blogging fa bene alla salute mentale?

cluster topic per la SEO - immagine di corredo

Gli studi dimostrano che la stesura di testi long form comporta un’attività di “taglio e cucito” non solo dei testi ma, parallelamente, una selezione e riorganizzazione dei propri pensieri, ricordi, competenze in base ad aspetti emotivi ma anche razionali, facendo lavorare sia la parte rettiliana (istinto) del cervello che la corteccia parafrontale (razionalità). 
Chi scrive per un blog non tanto (o non solo) per fini di journaling, cioè per la sola condivisione dei propri vissuti, e si adopera in articoli informativi e divulgativi, unisce all’organizzazione espositiva dei pensieri anche la selezione e l’organizzazione della parte di vissuto che può realmente essere di aiuto per i lettori. 

Il così detto “studio dell’intento di ricerca“, del quale parlo spesso nelle mie coaching per blogger perché determinante nel successo di posizionamento in ogni articolo, rinforza la capacità critica e selettiva oltre che la necessità, per un blogger, di mettersi nei panni di altri attraverso il proprio vissuto. 

 

Dunque l'attività di blogging è utile per:

l' Organizzazione dei pensieri e dei ricordi

la Capacità di analisi del vissuto

il Rinforzo della capacità analitica

il Rinforzo delle capacità mnemoniche

Differenza di fast content e slow content sulla salute mentale

contenuti politici su instagram - robin-worrall-unsplash

Il mondo della creator economy distingue il fast content dallo slow content. 
Entrambe parti utili del mercato legato ai contenuti, spesso aspetti complementari nei modelli di business dei content creator , il fast content e slow content hanno impatti diversi nella vita dei creator. 

Si intende per fast content i contenuti di cui non è veloce la creazione bensì la fruizione e la vita organica. 
Per intenderci, per creare un reel o un TikTok può essere necessario anche più tempo che per la creazione di un blog post approfondito (e i miei colleghi creator sanno di cosa parlo).

Ma ciò che è “fast”, veloce, è il tempo dedicato dagli utenti alla fruizione di questo contenuto e, ancora più veloce, è il tempo che l’algoritmo delle piattaforme social dedica alla vitalità del contenuto stesso: quanto avrà successo viene determinato nei primi minuti e si espleta nelle 48 ore dalla pubblicazione.
Inoltre i dati relativi al “successo”, le vanity metric, sono immediatamente visibili ai creator e agli utenti. 

Per contro, un blog post non è legato, per sua natura, alle vanity metric ma alle actionable metric
Le vanity metric sono dati immediatamente visibili, che dipendono solo in minima parte dal contenuto e dal suo valore e dipendono, invece, per l’80%, da una serie di fattori legati ad algoritmi che il creator non controlla.

Le actionable metric sono, invece

  • dati non visibili all’esterno ma di accesso solo al creator; 
  • dati che possono essere visualizzati quando il creator lo ritiene utile, e non imposti in automatico alla vista dello stesso, dunque…
  • dati che possono essere analizzati con calma e essere soggetti ad azione correttiva o pianificativa (da qui, la parola actionable).

Dunque, l’attività di creator che dà spazio allo slow content, prevede

  1. minore esposizione a stress e burnout,
  2. maggiore senso e possibilità di controllo sul proprio lavoro,
  3. maggiore “razionamento” delle proprie competenze esposte gratuitamente online 
  4. minore esposizione a stress derivante dal confronto, anche involontario, con altri creator. 
il blog fa bene alla salute mentale

Ma quindi è necessario lasciare il fast content?

La ricerca citata in apertura, una delle tante che il mondo accademico ha sviluppato in merito a web e salute mentale, analizza soprattutto agli effetti verso un target di giovani adulti, ma non fa riferimento all’aspetto professionale.

Scarseggiano invece gli approfondimenti sulla salute mentale dei lavoratori del mercato content. 
Un content creator difficilmente, ad oggi, può decidere di emanciparsi da tutte le piattaforme di infotainment, perché esse sono parte integrante o integrata di un modello di business.
Se dunque ha senso dire ad un giovane non content creator “esci dai social e scrivi contenuti lunghi per il tuo benessere”, non ha senso dire la stessa cosa ad un content creator, perché equivarrebbe a dire “trovati un altro lavoro”. 

Credo però che per noi creator sia importante lavorare sulla consapevolezza. 
Ogni lavoratore deve conoscere gli effetti sulla salute degli strumenti di lavoro che utilizza, analizzarli senza eccessi di entusiasmo e senza demonizzazioni, ma con la giusta distanza. 

Se hai pensieri da condividere in merito, scrivimi nei commenti

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