Perché prendere un periodo sabbatico dopo i 30 anni è anche meglio che a 20? Te lo dico e ti do alcuni spunti per organizzarlo
Lo so che siete qui per il periodico servizio di decostruzione di stereotipi inutili e invalidanti!
E io vi aspetto sempre, pronta a darvi risposte alle domande che neanche osate porvi.
Oggi tocchiamo un tabù: il periodo sabbatico, il gap year, il “mannaggiatutto me ne vado un po’ da sola e mollo tutto e poi si vede”. Insomma, quella cosa che quando hai 20 anni tutti ti consigliano (ehm, quasi tutti) ma che dopo i 30 per molti sembra un peccato mortale, un affronto alla società, una perdita di tempo o, più banalmente, una cazzata.
Partiamo dalla definizione.
Che cosa è il Gap year, anche detto periodo sabbatico?
Un tempo si parlava solo (e forse più opportunamente) di anno sabbatico.
Il termine nasce dalle tradizioni ebraiche del passato, quando ogni tre anni si lasciavano riposare le terre e non le si coltivava e, con l’occasione, si rimettevano i debiti alle persone che lavoravano per le famiglie ebree.
Oggi l’espressione si riferisce, fuori dal contesto lavorativo, ad un periodo di pausa “di riflessione” per esplorare e vivere nuove esperienze.
In ambito professionale la parola è legata in primis al mondo della ricerca: ogni docente universitario ha diritto ad un anno in cui continua a percepire lo stipendio ma è esonerato dall’attività didattica per fare ricerca.
Oggi il termine “anno sabbatico” si riferisce, in maniera più ampia, ad una possibilità data anche ai contratti nazionali del privato, sostituendo quella che un tempo era la semplice “aspettativa” (sui contratti, sia nel pubblico che nel privato, si chiama ancora così).
In pratica, è possibile chiedere al datore di lavoro un periodo in cui il contratto (e ovviamente anche il salario) è sospeso per una durata precisa e prestabilita, al termine della quale si rientra regolarmente al lavoro, senza che siano azzerati contributi o eventuali avanzamenti di carriera.
Al di fuori del mondo del lavoro, l’anno sabbatico è ormai inteso e percepito come un anno di viaggi, esplorazione, sospensione del giudizio e della pianificazione compulsiva sul proprio futuro, anche per chi è un giovane studente.
Conviene, di questi tempi, chiedere l’anno sabbatico?
Una volta qualcuno mi ha detto che “c’è un’età adatta tutto, ma nessuna età è adatta a tutto”.
Mumble mumble, la cosa non mi convinceva. Pensavo: se la vita è così varia come il mondo è nessuno sa esattamente quanto vivrà, come si fa a dire che c’è un’età per tutto? Sulla base di quale parametro che aspira a misurare l’intensità della vita delle persone in fasce d’età?
Forse c’è un momento per tutto, questo sì. E non è mai lo stesso momento per tutti.

Another sunset is just another sunset?
Prendi ad esempio proprio questa faccenda del gap year/periodo sabbatico: quel momento in cui si decide di interrompere studi, lavoro e quant’altro sia dovuto alla società o alla famiglia o al proprio percorso “pratico” per viaggiare o aspettare, riflettere, dedicarsi tempo e prendersi tempo (non certo “perderlo”) per prendere decisioni calme e ponderare sul resto della vita e sulla direzione che le si vuol dare per davvero.
Molti pensano che sia e debba restare una cosa limitata ai propri 20 anni, una cosa che si fa da giovani.
Ma io l’ho fatto a 31 e da poco una mia amica, una delle badass alle quali mi attacco come una cozza, l’ha fatto anche oltre.
C’è chi lo fa dopo la pensione e un numero interessante ma ancora basso di persone prende un gap year nel bel mezzo della carriera, proprio quando questa sembra essere in ascesa.
Dopo aver conosciuto, negli anni, moltissime persone che, soprattutto dopo lo scossone psicologico e sociale di un lock down mondiale, hanno preso anni di riflessione, pausa, rivoluzione, sono giunta a teorizzare i motivi razionali per cui un gap year o anno sabbatico non solo si può fare sempre (che a dirla così siam capaci tutti), ma sia addirittura più indicato e razionalmente accettabile dopo i 30, rispetto ai 20 anni.
(Se leggi fino alla fine ti dico anche qualche spunto su come organizzasi, praticamente).
Gap year, perché “da adulti” è meglio che da giovani

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1- Dopo i 30 sì che serve davvero a dare una direzione nuova alla vita
Dopo i 30 la tua vita ha già preso una direzione. Quanto meno, hai deciso che cosa vuoi essere e che cosa no (quasi sempre).
Vita di coppia, lavoro, famiglia, hai un’idea più chiara delle cose che sai/ami fare e quelle che invece anche no.
Hai di certo più carne a fuoco da mettere nel calderone delle cose sulle quali riflettere con calma, lontano dal marasma delle scadenze e degli impegni. E degli alibi.
2- Scadenze, impegni, alibi.
C’è poco da fare: a 20 anni abbiamo molte felici e fresche indecisioni.
Qualche anno dopo, iniziano gli impegni di lavoro, le scadenze, le incombenze familiari, le persone che dipendono da noi laddove a 20 siamo noi che dipendiamo da altri (anche se ci piace pensare si essere liberi e indipendenti). E qui, dopo quel giro di boa che varia da persona a persona, che iniziano gli alibi per non chiederci che cosa vogliamo per davvero.
E propri lì, in quel punto perso nell’oceano della nostra vita che si mischia inesorabilmente con la corrente della vita degli altri, che iniziamo a perderci di vista.
E non aggiungo altro perché altrimenti inizio con le metafore che Baricco levati proprio.
A proposito di alibi e paure, leggi “Come superare la paura di viaggiare da sola”
3 – SI PERDE MENO TEMPO
Uggesù ho usato un’espressione che odio. La faccenda scocciantissima del “Non perder tempo”.
Non è mai tempo perso ma tempo ritrovato. Però, filosofia a parte, il motivo che trattiene molte persone dal prendersi un periodo di congedo dal mondo dei grandi, per come i grandi amano dipingerselo, è proprio questo spauracchio di perder tempo.
Beh, per rispondere con le stesse – povere -argomentazioni, fingerò di dimenticare che il tempo non è che una convenzione inventata da noi e che in realtà non esiste.
Credo che a 20 anni sia importante darsi una direzione lavorativa per non restare indietro, imparare concretamente a fare qualcosa (perché dopo gli studi, finalmente si può iniziare a studiare per davvero) e decidere che cosa so fare e che cosa no, che cosa ci piace e che cosa non fa per noi.
Andare in giro per il mondo a lavorare come barman per “fare esperienza” a 20 anni non ti dirà molto su quello che vuoi fare al rientro, a meno che tu non decida di lavorare nel mondo della ristorazione, si intenda.
Ti divertirai. Conoscerai gente nuova. Forse (e dico forse) amplierai i tuoi orizzonti.
Invece… poniamo caso che un professionista del settore X decida, a 35 anni, di lasciare tutto in stand by per un po’ e girare il mondo lavorando in una farm in Australia o Argentina, facendo il cameriere a Londra per imparare l’inglese o spillando birra nelle isole Aran.
In tal caso la persona sta solo mettendo da parte le sue competenze per arricchirle di diversità e pensiero alternativo, per poi riprenderle in mano al rientro, dopo aver chiarito le idee e aver fatto un bel bagno di mondo e di umiltà. E aver ritrovato un po’ di perdute energie, ovviamente.
Chi si ferma un attimo “da grande” ha un bagaglio pieno di cose. Quindi più pesante, ovvio, ma anche più prezioso e più utile.
Torniamo all’atto pratico: consigli per chi si vuol prendere un periodo sabbatico.
- Lavoro: se si gode di contratto nazionale è possibile chiedere un periodo di “Aspettativa (non retribuita) per motivi personali e familiari”.
Se si ha un contratto a progetto come freelance o si è lavoratori da remoto, basta farlo tra la fine di un progetto e l’inizio di un altro.
Per i nomadi digitali come me, … ma che parlo a fare? - Spese: un anno sabbatico è un progetto che a volte serve alla salute e al proprio equilibrio. Vivilo come tale per non farti prendere da inutili sensi di colpa e pianifica le spese: budget di viaggio, budget giornaliero e budget extra “pe lu ci sape”, cioè gli inconvenienti sempre dietro l’angolo.
Fai un calcolo del tempo che ti servirà per mettere da parte questo budget e inizia a lavorare (anche) per quello. - Leggi “Come trovare soldi per viaggiare”
- Che cosa fare?
Puoi andare a zonzo senza meta, in Italia, all’estero, vicinissimo o lontanissimo.
Fai corsi di cucina o di degustazione vino, teatro, volontariato per la lotta contro le mafie nella tua terra (non serve sempre partire per andare lontano); dedica solo del tempo a te stess*, alla comunità e a cose nuove.
Se vuoi fare un’esperienza all’estero e imparare cose interessanti, mi hanno parlato molto molto bene della rete wwoof, per un periodo alla pari in aziende agricole bio. Un bel modo per trascorrere un periodo con ritmi e attività nuove, condividere passaggi di tempo, imparare la differenza REALE tra cibo bio e agricoltura organica e le cose che siamo abituati a consumare. E ovviamente, permettersi un soggiorno lungo in un altro paese. - Leggi anche “nomadi digitali e gap year: lavori che ti permettono di viaggiare”
Se hai altre domande o perplessità chiedi pure nei commenti: vediamo che cosa riusciamo a risolvere insieme!
31 Comments
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ludovica
io a 30 anni non ho ancora trovato il mio posto nel mondo nella societa’.. mi sento cosiì persa.. non capisco il perchè io sia qua , a volte.
Mi sono iscritta ad un master di massaggi , e ora sono massaggiatrice, ora ad un diploma sempre in massaggi , ma la sola cosa che voglio fare e’ lasciare tutto e partire .andare via, staccare il telefono e vivere su un’isola vendendo cocchi e gelati : (
ma ho una casa con affitto da pagare i mei genitori contrari alla mia continua fuga etc etc . sono cosi confusa e rassegnata… ma voi dove lo avete trovato il coraggio ?
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Elisa
Ho quasi 38 anni, un lavoro come collaboratrice a partita iva che non mi appaga, iniziato subito dopo la laurea e la voglia di evadere che mi accompagna da quando ho iniziato! Ho delle riserve di liquidità, vorrei prendermi anche solo 6 mesi per rimettere a posto le mie idee e i miei obiettivi, che forse devo ancora davvero scoprire.
Male che vada dopo 6 mesi potrò riprendere il lavoro di prima anche in qualche altro posto, ma sono sicura che sarei molto più consapevole e realizzata spiritualmente.
Non mi sono mai fermata e ora ne sento il bisogno, ma mi manca il coraggio do affrontare il giudizio della mia famiglia (di origine.. Non di mio marito e compagno di vita, che mi appoggerebbe). Help -
Eugenia
Sono d’accordo Sabrina! Io l’ho fatto un po’ prima 30 anni, a 28 quando mi sono trasferita a Roma per i motivi di studio. Per me è stata un’esperienza davvero importante perché potevo mettermi alla prova di fronte ad una vera e propria sfida con me stessa, mi ha dato anche l’opportunità di conoscere i miei limiti e aprire nuovi orizzonti e arricchire il mio bagaglio culturale e professionale.
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Flavia
Mi piacerebbe tantissimo farlo …. ma non ho un’indipendenza economica così elevata da potermelo permettere 🙁
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Diego
Ero nella stessa situazione. Giunsi alla conclusione che il viaggio stesso sarebbe stato la fonte di indipendenza economica, ed ha funzionato. Il mio viaggio all’estero è diventato emigrazione.
La cosa più bella è stato lo scoprire che, al di fuori dei confini italici, gli ambienti di lavoro sono più rilassati, più umani e con molto più rispetto. Niente linguaggio volgare, niente sarcasmo, niente pretese, scenate, straordinari quotidiani (e non pagati). Un sistema infinitamente migliore, nonché uno dei molti elementi che mi diedero la spinta per andare avanti.
Unico pentimento, non averlo fatto prima. 🙂
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Hang Around The World
Sicuramente prendere un periodo sabbatico dopo i 30 sicuramente è meglio che quando si è più giovani ed il tempo è denaro. In generale però preferisco non “allontanarmi” dalla normalità haha – P.
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1trosa
Mi piace anche se appartengo a un altra generazione e alcune cose non le condivido
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The Lazy Trotter
Per come la vedo io, bisognerebbe concedersi svariati sabbatici lungo il corso della vita. Siamo in continua evoluzione ed e’ sempre un bene prendere respiro e fermarsi per capire verso quale direzione stiamo andando. Quindi hip hip hurra’ al fancazzismo costruttivo e alla vita a spasso!! Yaaaay (mio padre non e’ PER NULLA d’accordo con me, just saying)
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In viaggio con Dorothy
Grazie! grazie per aver scritto questo articolo! perché come scrivi tu, c’è un età per ogni cosa, ma non per tutti è la stessa! Io vivo da 9 anni in questo gap! oggi ne ho 30 e giro per il mondo lavoro facendo quello che trovo, non sogno una carriera lavorativa, lavoro per fare quello che mi piace! vedere posti nuovi, conoscere nuova gente, entrare a contatto con la natura e gli animali del posto che visito… e nel frattempo ogni giorno progetto un nuovo domani…ho idee per il futuro prossimo??? sì! Riuscirò a realizzarle mantenendo questo stile di vita??? non lo so, ma nessuno ha la palla di vetro no? quindi vado per la mia strada e incontro molti altri che la pensano come me e altri ancora che non sono per niente d’accordo perché a 30 anni DEVI AVERE UN LAVORO FISSO, UNA CASA, UNA MACCHINA E DEI FIGLI… io non credo che tu DEBBA se non vuoi e non dico a nessuno cosa dovrebbe o non dovrebbe fare…perché grazie al cielo, siamo ancora liberi di scegliere per noi stessi! 😉 bell’articolo! grande!
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Giulia
Farò tesoro di questo post, non ho ancora 30 anni ma sono in una situazione di stallo, con un lavoro poco soddisfacente e tanta voglia di viaggiare. Non è facile buttarsi, ma terrò sicuramente da conto i tuoi consigli!
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Girovagandoconstefania
Io me lo prenderei ma avevo letto che non è così semplice, bisogna avere un progetto ed il datore di lavoro deve permetterlo!
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Valeria
Concordo con il tuo articolo.
Io lo sto facendo ora tra i 29 e i 30 e spero e penso sarà utile per la mia persona e la mia vita in generale. Dopo aver lavorato per 10, ho sentito la necessità fisica e psicologica di prendere del tempo per me..tutto quello che non potevo dedicarmi prima. Sto cambiando molte mie prospettive e modificando la lista dei must have della mia. Al tempo per me non voglio più rinunciare, anche se quando troverò la mia strada lavorativa non ne avrò come ora, so che non posso permettere a nessuno e a niente di farmi rinunciare a me stessa.-
Matteo
Ciao,
mi lasci se non è un problema la tua mail che provo a chiederti due cose in privato, grazie
Matteo
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Dindalon
Come mi ispira quest’idea dell’anno sabbatico dopo i 30! *__*
L’età c’è, ma io ho una bimba e muoversi in 3 diventa tanto impegnativo economicamente, mi sa.. -
Erika
Concordo pienamente! Le mie coetanee sono tutte sposate con figlie e hanno una vita “familiare” e basta…io no…ma non perché io non la voglia..semplicemente la mia vita non ha ancora preso quella direzione…sono laureata ma come molti sto ancora cercando un lavoro stabile e sono dovuta tornare a casa con i miei…e sono single…molte persone in famiglia pensano che stia perdendo tempo…io non credo che ci sia un’età per tutto…credo che ognuno abbia un percorso diverso determinato sia dalle proprie scelte sia da fattori esterni che non può controllare! Ben venga il periodo sabbatico a qualunque età!se potessi partirei subito!!
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francesca
Penso di essere d’accordo con la tua opinione. Credo che un anno sabbatico dopo i 30 sia più fruttuoso in molti casi. Ma penso anche che ognuno abbia una propria storia e un proprio orologio “biologico” anche per questo genere di esperienze. Prima o poi me lo concederò…magari tra qualche anno!
Stefano
Sono capitato sul tuo blog googlando “gap year a 30 Anni”.
Mi ritrovo molto in quello che dici ma allo stesso tempo sono accompagnato dalla paura.
Mi sono “Licenziato” da un lavoro prendendo una buona uscita perché volevo del tempo per resettare, capire cosa voglio dalla vita, fare tutte quelle cose che non mi sono mai concesso di fare (per tempo, per convenzione sociale, perché ritenute inopportune, perché non ritenute sensate dalla famiglia per una vita fatta di lavoro e Carriera).
Sono così indeciso però se spingere ancora un po’ adesso, accettando una nuova offerta di lavoro e rimandare questo Anna sabbatico di qualche anno o afferrare adesso questa opportunità, farmi coraggio e passare i prossimi 9 mesi a scorprimi, sperimentare, partire, fare cose che non potrei mai fare con un impiego a tempo pieno. Sento dentro di me tanta paura di non farcela e di perdere tempo e opportunità, che se dovessi partire tra 9 mesi non ritroverei le opportunità lavorative che oggi mi si presentano