Centri storici che “resistono”: quartieri antichi autentici, che speriamo restino tali

Di che cosa avviene nei centri storici più belli d’Europa, ne parliamo spesso qui e su Instagram, e ne siamo abbastanza consapevoli: 
 in un momento storico in cui – per fortuna – il viaggio è entrato nel comune paniere del consumo medio, i territori diventano – purtroppo – un sotto prodotto. 

I centri storici sono tra gli elementi più belli e quindi più delicati del prodotto-destinazione, con l’aggravante che l’over-turismo nei centri storici è legato a fenomeni sociali non sempre gradevoli, come lo svuotamento identitario e la crisi abitativa: se aumentano le case vacanza, i costi degli immobili escono dalla portata degli abitanti che sono costretti ad uscire dal centro storico

Laddove qualche residente-resistente possa permettersi di restare nei centri storici, subentra la graduale perdita di servizi al cittadino. In pratica, se un centro storico punta sul turismo, non si troverà più un panificio, un pizzicagnolo, un ufficio postale vicino. 

Ma il turismo non fa solo male, anzi, all’inizio di una tradizione turistica gli effetti positivi sono tanti ed evidenti. 
Oggi parliamo proprio di questi casi; di città in cui si è ancora in grado di prendere quanto di buono offre la presenza del turista al territorio e persino all’identità territoriale. 

Ti porto in luoghi in cui l’arrivo di persone incuriosite ha portato i locali a riscoprire aspetti prima scontati della propria identità e andarne fieri, ti porto in luoghi in cui il centro storico, in attesa del turista, si è “rifatto bello”, come quando io aspetto ospiti a casa e riassetto e ripulisco tutto per dare una buona accoglienza. 

Non siamo solo viaggiatori, siamo cittadini; non cittadini del mondo, ma delle nostre città

Un viaggio è un “acquisto” svuotato di senso se non ci insegna cosa sta vivendo realmente un territorio insieme ai suoi cittadini, se non prendiamo a cuore le loro istanze e se, quando vediamo un fenomeno positivo, non riportiamo a casa quello che abbiamo esperito. 

Io sono Sabrina Barbante,
travel blogger e divulgatrice della creator economy.  

Se apprezzi questo modo particolare di fare travel blogging, se vuoi conoscere e decodificare il presente sociale delle destinazioni che visiti, questo travel blog è casa tua. 

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Le Panier, Marsiglia

Le Panier Marsiglia

Le Panier non è solo il quartiere storico di Marsiglia;
Le Panier è la storia di Marsiglia, un luogo che ci ricorda quanto le contaminazioni culturali siano generatrici di arte e bellezza, di quanto l’immigrazione sia un processo tanto irreversibile quanto positivo e di come il turismo possa dare molto ad una città.

Le Panier era il quartiere pericoloso di Marsiglia, in cui il contrabbando di sigarette e stupefacenti portavano la malavita corsa a estendere i suoi poteri su strade, case, abitanti.

Poi è arrivato il tanto odiato “turismo di massa”, che si è affacciato in queste stradine, portando uno sguardo nuovo e anche più benessere. 

Oggi qui si insediano persone dell’estremo oriente e mediorientali, insieme a studenti di tutta Europa, artisti francesi e sud europei. 

Le Panier è adesso un luogo caotico ma sicuro, colorato ma vivibile, e persino quel passato malavitoso diventa una narrazione poetica e ironica, un romanzo criminale tragicomico che si legge nei suoi murales bellissimi, nelle cartoline dipinte da artisti, nei negozi di arte e artigianato, nelle grafiche delle T-shirt che ironizzano persino sul crimine. 

Ecco un articolo-guida al quartiere di Le Panier

Se vuoi anche indicazioni su cosa fare e vedere in tutta Marsiglia, leggi 

Viaggio a Marsiglia: cosa vedere e cosa sapere sulla città controversa di Francia 

Barrio di Santa Crux, Alicante

Barrio de Santa Cruz - alicante cosa vedere

Caffè, ristoranti e negozi d’artigianato. Sì, ok, ci sono e son belli.
Ma il Barrio Santa Crux di Alicante è anche peculiare per le sue case dalla facciata colorata e i balconi fioriti, messi lì dagli abitanti in anni e anni di arredo dei principali luoghi di discussione politica in Europa: gli usci delle case.

Ora, dire che questi scorci siano messi lì in modo spontaneo, perché gli abitanti de barrio hanno un senso estetico particolare e non perché gli Instagrammer hanno dettato l’estetica di tutto sarebbe ipocrita, e a noi l’ipocrisia non piace. 

Tuttavia, quello che ti colpirà di queste strade è il loro essere ancora un luogo in cui le persone vivono, in cui si sentono odori di cucina e parole ispaniche e creole, di bambini che giocano.

Qui, come in Le Panier, chi è di passaggio diventa per qualche giorno vicino di casa di chi resta, con una contaminazione che ha ancora molto di positivo. 

Sulle mattonelle che decorano le facciate, simili ai più noti azulejos portoghesi, si leggono i nomi della famiglia proprietaria della casa o delle famiglie originariamente legate alla loro storia.
I suoi piccoli scorci meno infiocchettati per i nostri canali social sono i più belli.

A proposito di Social Media, ho da poco parlato di sub territori che hanno preso provvedimenti contro l’Instagram Effect. 

Bari Vecchia

things to do in bari

Attenti a dire “passeggiata nel centro storico”, perché non è affatto di questo che siamo parlando!
Bari vecchia non è un “centro storico”, è un concetto diverso, pur essendo nel centro, all’interno delle mura antiche, comprensive dei principali avamposti architettonici e artistici.

Bari vecchia è un complesso di vicoli in cui una grande città si trasforma in un tipico paese del sud.

Passeggiare “dentro” Bari vecchia vuol dire affacciarsi con discrezione tra i vicoli che vengono quotidianamente puliti non solo dall’amministrazione ma anche delle persone che vi abitano;

le porte delle case danno sulla strada, la strada è l’uscio di casa. 
Si cammina e si dice “buongiorno” alle signore più anziane, che ti guardano finché non dici “buongiorno”, con lo sguardo di chi riesce ancora a farti capire che senza un saluto non puoi passare. Nella vita, in generale.

Bari vecchia ha, certo, le “signore delle orecchiette” che sono ormai patrimonio di Instagram, ma ha anche, ancora, tutto ciò che vuol dire “baresità”, nel bene e nel male, ma sempre fieramente. 

Un tempo luogo insicuro, oggi non più (anche grazie a una delle amministrazioni, quella di Antonio Decaro, migliori nella storia d’Italia, a mio avviso). 

Anche qui, le prime palazzine antiche iniziano ad essere acquistate da immobiliarie straniere per diventare case vacanza, ma si tratta di un fenomeno ancora circoscritto per via della popolazione locale che vi abita da generazioni. E io spero che Bari Vecchia resista alla gentrificazione. 
Serve l’aiuto delle prossime amministrazioni, però.

 

Skadarlija, Belgrado

Skadarlija è popolato da circa 6000 persone, nonostante sia definito il “quartiere bohémien di Belgrado” da noi travel storyteller, nelle fasi di manierismo e semplificazione della realtà. 

Oggi ci sono molti caffé, ristoranti e pub ma, in realtà, è tradizionalmente luogo di locali di ristoro; 

un tempo abitato da zingari albanesi, poi da artigiani, molti dei quali albanesi di seconda e terza generazione divenuti stanziali; nel 1901, dopo la demolizione di un famoso locale di Belgrado noto per accogliere intellettuali e scrittori (il Dardanelli), gli intellettuali si sono riversati proprio nei locali di Skadarlija. Il resto è storia territoriale. 

 

Città alta di Zagabria

zagabria mercato dei fiori

Zagabria, una capitale di un paese europeo il cui il turismo ha maggior peso sul PIL nazionale, resiste.
Resiste il suo centro storico per eccellenza, soprattutto dopo che, nella primavera del 2021, è stato eletto sindaco 
Tomislav Tomašević , classe 1982, conuna coalizione progressista ed ecologista (Možemo!). 

Le politiche a vantaggio del cittadino, e solo in un secondo momento del turismo, (politiche delle quali ti parlo meglio, ma in modo semplice, in questo articolo), hanno fatto sì che anche l’area turistica per eccellenza della bellissima città di Zagabria, preservasse i suoi spazi di tutela e identità per i suoi abitanti. 

Ad esempio, una delle attrazioni di maggiore interesse della città alta è ancora il mercato del Dolac, frequentatissimo dai turisti ma i cui costi calmierati lo tengono ancora come prediletto dagli abitanti del centro e della città tutta. Il fatto che venda soprattutto ortofrutta fresca, per altro, lo rende particolarmente “inutile” per chi è di passaggio; interessante da fotografare, certo, ma non nel paniere di spesa di un turista. 
Per questo è rimasto prescelto dagli abitanti.  
Sempre nella città alta troviamo luoghi come il piccolo
Parco del vescovo Stephen II, in piena area medievale, che racchiude un centro ricreativo per bambini e anziani, molto frequentato. 

Ora, io lo so che non appena si dice “le amministrazioni devono intervenire per fermare i fenomeni di gentrificazione dei centri storici” il maccartista che alberga in ognuno di noi urla all’allarme comunismo. 

Ma “intervenire” non vuol dire solo vietare; vuol dire farsi venire buone idee, vuol dire non fingere che un problema non esista solo perché arriva una valanga di soldi.

Come queste cinque realtà dimostrano, almeno fino ad oggi, un altro modello è possibile. Anche senza metterci di mezzo un “comunismo” buttato così, a caso, senza senso, in ogni conversazione.

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