Si dice che in Italia in pochi leggano e in molti (troppi) scrivano. Almeno, questo mi è stato detto da molti editori nello spiegarmi il motivo per cui oltre l’80% della categoria chiede un contributo – notevole – per la pubblicazione di un’opera prima. E spesso anche seconda e terza.
Alcuni scrittori lasciano perdere, altri pagano, altri cercano altre strade.
Tra queste ultime c’è l’auto pubblicazione, sempre più percorsa anche da autori che hanno deciso di non tentare neanche la via dell’editoria tradizionale.
Diciamo che chi si auto pubblica e vuol vendere un minimo di copie per farsi conoscere e/o almeno per rientrare nelle spese, è costretto a capire come funziona l’editoria anche come mercato. Dal sapere cosa sia un codice ISBN a cosa siano i diritti, cosa vuol dire ‘promozione’, cosa fa vendere un libro e cosa no. Una buona scuola per chi approda in questa oscura selva, gestendo almeno in parte le regole del gioco. Se e solo se lo si fa con la voglia di divertirsi e non prendersi troppo sul serio, che tanto di artisti ne è pieno il mondo.
Oppure una strada da percorrere nell’attesa che un buon (leggi vero) editore si faccia avanti. E qui si passa alla fase più complessa.
Perché il concetto di editoria raramente viene inteso in Italia come ‘impresa’. Un editore, otto volte su dieci, accosta alla sua proposta di pubblicazione una richiesta economica, accompagnando alla richiesta (che può andare da 500 sino addirittura a 3000 euro) la lista delle spese cui è costretto a far fronte per pubblicare, distribuire e promuovere un libro (leggi, per fare il proprio lavoro).
Un po’ come se, per dire, il marchio di abbigliamento ‘Taldeitali’, una volta trovata una buona stilista, le chiedesse dei soldi per unirsi alla propria scuderia mostrando le bollette della luce e gli stipendi da pagare alle sarte.
Alcuni giovani amanti della letteratura e scrittori però si fanno carico anche degli oneri e responsabilità di impresa che molti editori bypassano. Un esempio, nel caso di un fenomeno leccese che di recente sta passando di social in social. Si tratta di Marco Esposito (in facebook Marco Iou Esposito), scrittore arrivato alla sua seconda pubblicazione, che di fronte alla volontà di far camminare il suo romanzo giallo ‘Il segreto della scogliera’ ha iniziato una campagna di crowd funding sulla piattaforma Indiegogo
(http://www.indiegogo.com/projects/i-segreti-della-scogliera-romanzo-inedito ).
La sua iniziativa è lodevole, mostra capacità di mettersi in gioco, di auto promuoversi attraverso i mezzi che stanno prendendo il sopravvento dal punto di vista comunicativo.
Evidentemente anche il suo concetto di scrittore si distacca da quello di molti artisti che non intendono sporcarsi le mani con ciò che è commerciale. Marco ha capito di cosa è fatto il mondo dell’editoria dopo essere passato con la prima pubblicazione ‘Sogni di una notte insonne’ nel tritacarne del gruppo Albatros. Merito del precente contratto, l’avergli fatto capire a proprie spese (e non è solo una metafora) che chi vuol pubblicare deve all’inizio passare dall’essere commerciale, sponsor e mentore di se stesso, addetto al marketing.
Insomma fare impresa.
Insomma, fare tutto quello che l’80% degli editori si rifiuta di fare.
La campagna di raccolta fondi dal basso si chiuderà tra meno di due settimane e ha già raggiunto livelli insperabili in tempo di crisi. O i suoi amici sono molto generosi o la sua strategia di comunicazione e promozione è vincente, anche perchè ingenua, speranzosa, fresca.
Oppure, riprova che persino la gente che notoriamente non legge, persino in un periodo di crisi, persino in un paese in cui la vendita libraria è sempre stata altalenante, investe negli ‘scrittori emergenti’ con più facilità di quanto non faccia un medio editore.
Book trailer de ‘I Segreti della scogliera’:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=CW-LofEnGhI
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